Ovvero: Io ho i nani in tenda.
È troppo tempo che per concludere l'uni mi dedico a materie che odio profondamente, e ho rischiato di dimenticare tutto, quindi questa sarà una rubrica utile sia a voi che a me, come esercizio.
Prenderò delle frasi da scene casuali (ma neanche tanto) di anime casuali (ma neanche tanto) o altri prodotti audiovisivi e ve le proporrò con un'adeguata e dettagliata spiegazione. Un po' come faceva vECh, tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana, con gli screenshot dei giochi ben fatti... ah, i ricordi. Aspetta ma era vECh?
Cercherò di essere snello, conciso, sintetico e ricco. Dove con sintesi indico non la povertà ma la brevità. Un metodo che potrebbe rendervi le cose difficili all'inizio ma che nello sviluppo della cosa potreste invece apprezzare.
Una premessa: in giapponese, la diastratia e la diafasia sono due cose importanterrime; viceversa in italiano lo è molto di più, ad esempio, la diatopia.
COSA HO DETTO? Se ti interessa, leggi il paragrafo in rosso. Altrimenti, leggilo.
Il Keigo. Ovvero come ti rendo il giapponese una lingua del disagio. È molto difficile capire che tipo di verbo usare, o addirittura che verbo usare, o addirittura quale forma di tale verbo usare, a seconda della distanza sociale che si ha con l'interlocutore. Se sei con i tuoi famigliari, con i tuoi amici, con i tuoi colleghi, col tuo datore di lavoro, con un cliente, il linguaggio cambia. Come in italiano, in un certo senso, ma in giapponese tutto ciò è ben più radicato nella cultura e rigidamente determinato dalle convenzioni. L'insieme delle regole linguistiche che adempiono tali scopi di buona convivenza sociale si chiama Keigo.
Dico questo semplicemente per farvi capire come mai userò questo tipo di insegnamento. Quale? Lo scopriremo subitissimo.
Naniittendayo?! - Frasi spiegate! #1
Comincerò, visto che mi manca la fantasia, con 'naniittendayo', che certamente in molti avrete sentito ma magari non avete colto nel pieno del suo significato e della sua struttura grammaticale. Prima di tutto tale frase è una costruzione colloquiale. Quindi partiamo dal principio.
何を言っていますか。
Nani wo itte imasu ka.
Pronuncia: Nàni o ìtte imàs ka?
Cosa stai dicendo?
Ecco a voi la splendida forma cortese (non la forma estrema di cortesia, ma comunque una forma neutrale). Analizziamola brevemente:
Nani: Cosa
Wo (si legge 'o'): Posposizione che definisce il complemento oggetto (ciò che risponde alla domanda "chi, che cosa")
Itte: Forma sospensiva di 'iimasu', che significa "dire". Di solito tale forma prevede che ci sia qualcosa dopo che specifichi ulteriormente l'azione.
Imasu: Sostanzialmente, il nostro verbo essere. In questo caso, più un verbo essere inglese, come in: I am saying, dove 'am' corrisponde a 'imasu' e 'saying' corrisponde a 'itte'.
Ka: La particella che svolge la funzione di un dubbio, di qualcosa di indefinito, di, come in questo caso, un punto di domanda.
E da 'sta robba come arriviamo a naniittendayo? Continuiamo a scendere nella scala del linguaggio onorifico.
何を言っているの?
Nani wo itte iru no?
Nàni o ìtte ìru no?
Cosa stai dicendo?
Forma più colloquiale. 'imasu' diventa 'iru' (la forma -masu identifica infatti tutti i verbi in forma cortese, mentre la forma piana consiste nella radice più -ru, -ku, -mu e così via), invece di 'ka' spesso si preferisce il 'no' da solo (ogni tanto anche 'noka'). Spingiamoci ancora più in basso.
何を言ってるんだ?
Nani wo itterun da?
Nàni o ìtterun da?
Cos'è che stai dicendo?
Iru si accorcia in -ru (una cosa tipica di 'iru' quando segue un verbo nella forma in -te). Il 'no' viene unito a 'da' (forma piana di 'desu', il classico "verbo essere"). Queste due sillabe insieme esprimono il nostro "cos'è che...?", della serie "cos'è che hai detto?" invece di "cosa hai detto?", insomma serve a enfatizzare. Una proprietà specifica di 'no': è diventato semplicemente 'n'. Il 'no' si usa anche nelle risposte: se la domanda è "cos'è che stai dicendo?", la risposta potrebbe essere qualcosa del tipo "è questo, che sto dicendo", il che prevede un 'no' finale che riprende l'impianto della domanda. Scendiamo ancora.
何言ってんだよ?
Nani itten da yo?
Nàni ittén dayò?
Che cavolo stai dicendo?
Eccoci qua, come spessissimo accade nel linguaggio colloquiale, le particelle grammaticali se ne spariscono ('wo'), anche -ru ('iru') se n'è andato e abbiamo aggiunto la particella esclamativa 'yo', che sicuramente avrete sentito spesso. State attenti: cavolo non c'è nella frase giapponese, ma è talmente scortese che di certo in italiano, mediandola culturalmente, cavolo ci starebbe benissimo.
Ah, eee... hey, non è una scienza esatta, ad esempio potrei dire 'nani itte iru no da', ci sono molte combinazioni, anche se alcune sono preferite per ragioni ritmiche, l'importante è ricordare che sostanzialmente da 'imasu' si passa a 'iru' o '-ru' e che da 'ka' si passa a 'no da' o 'n da'. Questo tipo di colloquializzazione vale quando si chiede, come in questo caso, qualcosa a proposito di qualcosa che è stato fatto o detto; informazioni aggiuntive. Quando invece, per esempio, si chiede un favore, il 'no da' ovviamente non avrebbe senso e la domanda può terminare con il 'no' o anche senza niente. Cose che comunque vedremo prossimamente.
Potrei aver fatto errori, segnalatemi pure le vostre perplessità. Continuerò in questo topic!
Spiegazioni ulteriori:
Diatopia = Variazione linguistica su un continuum spaziale (vedi i dialetti)
Diastratia = Variazione linguistica su un continuum sociale (rispetto e gerarchia)
Diafasia = Variazione linguistica su un continuum situazionale (un indivudo parla in maniera diversa in contesti diversi)
Diamesia = Esiste infine anche la diamesia, la variazione linguistica su un continuum strumentale: la lingua sulla carta differisce da quella parlata.
Modificato da Dragon7, 11 March 2014 - 03:14 AM.