Questo tutorial è diverso dagli altri tutorial: non si pone, infatti, come una lista di operazioni da fare per raggiungere un risultato specifico, ma si propone di spiegare il processo che porta a quel risultato,
di cui alle volte ignoriamo il senso, o che spesso diamo per scontato.
Per l'appunto, il secondo caso è molto diffuso perchè raramente è capitato / o capita nella nostra vita una persona che ci spieghi come si inventa, come si crea, e cosa vogliano dire queste due cose.
Alcuni concetti quindi potranno sembrare "già sentiti" altri del tutto sconosciuti, per mia esperienza voglio dare un consiglio a tal proposito:
anche ciò che ci sembra familiare non va sottovalutato, ma anzi, ripreso in esame per trovare il miglior modo affinchè possa aiutarci nel perseguire il nostro scopo.
Tutto può fungere da strumento.
Oltre ciò, tutto quello che scriverò non ha un indirizzo preciso, e nasce da varie considerazioni di stampo prettamente filosofico e filosofico-ermetico; va quindi preso non come "verità assoluta" se non nelle sue divagazioni scientifiche, ma come "base" da cui osservare ed osservarsi nel proprio interesse e caso.
Siamo tutti diversi, infatti, ma la meccanica alla base dei nostri pensieri e del come agiamo è la medesima, ciò che cambia e rende vario il nostro modo di porci a fronte dei vari argomenti sono il "vissuto" (che è, di fatto, differente per ognuno)
il bagaglio conoscitivo e le esperienze personali.
Detto ciò, andiamo a iniziare.
* L'ispirazione:
Più di una volta è capitato che qualcuno chiedesse, o mi chiedesse informazioni sull'ispirazione,
sul come si possa trovare l'ispirazione o cosa essa sia.
Ebbene: non esiste una risposta, nessuno è mai stato in grado di dimostrare cosa sia l'ispirazione o del come o perchè agisca.
La parola "ispirazione" deve la propria radice a "spiritus" termine molto antico che oggi per poterne trovare il significato primario potremmo definire come "vento"
Non è una scelta casuale, ma molto più ponderata di quanto si pensi, il "vento" infatti è invisibile e non può nascere dal punto in cui ti trovi, è sempre qualcosa che agisce dall'esterno verso l'interno.
Se, ad esempio, veniamo colti dal vento mentre passeggiamo in città questo non viene dalla città,
e se stando in casa e aprendo una finestra entrasse del vento questo non verrebbe dalla nostra casa.
E' una metafora che evidenzia le proprietà misteriose dell'ispirazione; l'ispirazione è in pratica una "variabile" sconosciuta e di origine sconosciuta, attribuita a fonti più elevate, addirittura divine.
Si può credere questo, come pensare che possa anche trattarsi di una funzione del tutto inesplorata della nostra psiche, è indifferente, ma ciò non modifica in nessun modo come essa ci influenza, o come noi dobbiamo porci nei suoi confronti.
Sono voluto partire da ciò nella stesura di questo tutorial perchè molte sono le caratteristiche che portano dal nulla al "creare"; l'ispirazione è però l'unico elemento che non può essere in nessun modo controllato:
si può provare a seguirla e vedere dove ci porta fino alla fine, oppure abbandonarla prima deviando da quello che sembra essere il suo percorso:
non può essere "richiamata" può solo essere "colta"
apparentemente non la creiamo noi, semplicemente c'è,
può essere stimolata, ma mai creata dal nulla,
ci fa produrre più velocemente e abbandonarcisi è sempre divertente.
Caratteristica dell'ispirazione è il fatto che sembra comunicare con noi in modo personale, se dovessimo personificarla la potremmo vedere come un amico sincero che ci capisce in tutto e per tutto.
A questo proposito, in passato, l'ispirazione ha trovato forma nelle "muse" degli artisti, ma anche nella figura della "Sapienza" del libro dei Proverbi come figura vicina a Dio prima e durante la fase della creazione stessa dell'universo e dell'uomo.
Il modo migliore di cogliere il "vento" dell'ispirazione è l'allontanarsene, il discostarsi dall'atto del ragionamento per risolvere i nostri problemi.
Ad esempio prendendo una pausa, oppure dedicandosi a un'attività che stimoli maggiormente il fisico più che la psiche.
Non è detto che si colga alcunchè, perchè l'ispirazione è un qualcosa di insondabile che risponde solo alle proprie regole, e perchè ognuno ha i proprio tempi e ritmi.
Va considerato e ricordato che l'ispirazione non aiuta a creare qualcosa che già c'è, esiste per dare forma a quello che ancora non ha preso consistenza nella realtà.
Su questo magari ci torneremo poi, per ora è importante sottolineare che l'ispirazione, per quanto possa, si, essere uno strumento da utilizzare per raggiungere il nostro obiettivo, rimane al nostro servizio solo fin tanto che noi la si usi per sviluppare qualcosa di realmente nuovo e creativo.
In caso contrario è molto difficile che si possa essere ispirati, e potremmo confonderla con l'euforia e l'emotività di quel particolare momento.
Ma non sarebbe vera ispirazione
* Del ragionare e del pensare
Questi due termini, sebbene spesso usati in modo sbagliato, non vogliono dire la medesima cosa.
Il "ragionare" è l'atto volontario del pensiero volto a risolvere un problema con coscienza.
il "pensare" è l'atto involontario del pensiero volto a risolvere un problema, sia coscientemente ché senza coscienza d'essere.
Va fatto questo distinguo poichè nell'atto creativo sono due strumenti che non vanno utilizzati con preferenza verso l'uno o l'altro:
vi sono momenti in cui ragionare può permetterci di superare un ostacolo o uscire da una situazione;
e altri in cui lasciare i comandi al pensiero e all'intuizione automatica senza delle quali difficilmente coglieremmo alcuni aspetti di ciò che stiamo realizzando.
Il "pensiero" è qualcosa di vicino all'ispirazione, perchè non può essere controllato, non si può "non" pensare.
Pensare qualcosa crea in noi stupore nel notare che fino a quel momento avevamo ignorato alcuni elementi della nostra causa.
Allo stesso modo il "pensare" può essere stimolato con il lavoro manuale o con il prendersi delle pause dai nostri obiettivi; ciò, in soldoni, significa "cedere" il controllo di noi stessi e dei nostri pensieri a un pilota "automatico" con fiducia, ciò permette anche di recuperare preziose energie di cui spesso ci priviamo in modo sconsiderato poichè l'atto del pensare è un modo "ecologico" di operare, e consuma molte meno forze di quanto faccia invece il ragionamento cosciente.
* Il sistema di attivazione Reticolare
Il "Sistema di attivazione Reticolare" detto più comunemente "SAR" è una funzione particolare della psiche, non è "immaginazione" e non è "concentrazione" sebbene in modo inconscio si "concentri" su un obiettivo e tenda verso di esso con tutto ciò di cui dispone.
Capita ad esempio quando iniziamo a valutare l'aquisto di qualcosa, specie se inconsciamente lo consideriamo un passo importante, ad esempio un certo abito, una vettura, un gioiello ecc...
In qualche modo dal momento in cui l'informazione "passa" e viene accettata dal SAR iniziamo a notare ovunque quella stessa informazione:
allora se dovevamo acquistare una particolare camicia che a nostra detta "nessuno comperava" e volevamo prenderla per distinguerci dagli altri, inizieremo a notare che, al contrario, la maggioranza delle persone che incrociamo in strada sembra da quel momento possederla.
La SAR si lega a informazioni di origine filosofica-ermetica che non intendevo affrontare in questo discorso, tuttavia, è come se l'informazione nella nostra testa riesca ad "attirare" letteralmente, nella realtà, elementi a lei simili.
Ciò in realtà è ancora fonte di studi e ricerche che comunque non smentiscono questa possibilità, ma che, chiaramente, necessiterebbero di un "salto di fede" non indifferente per poter essere comprese o abbracciate, perchè ridefinirebbero il nostro stesso concetto di "realtà"
Per noi è importante capire semplicemente ciò:
quando ci fissiamo un obiettivo, di fatto, non ci stiamo lavorando solo quando ne siamo coscienti, è più come se un "mondo" dentro di noi iniziasse ad elaborare quelle informazioni di cui abbiamo bisogno per aiutarci a perseguirlo senza intoppi.
La nostra testa, funziona che lo si voglia o meno, questo possiamo darlo per scontato, ciò che è meno scontato è che pur cercando di darci il meglio di cui necessitiamo per sopavvivere non è infallibile e i risultati che ottiene sono direttamente correlati al genere di informazioni con cui la nutriamo.
Questo è vitale soprattutto nei primi passi della creazione, perchè focalizzarsi su ciò che conta è fondamentale per poter delineare con più chiarezza ciò che cerchiamo di tirare fuori e che, nel mondo oggettivo, ancora non esiste.
* Determinare il vuoto:
Se avete frequentato istituti d'arte presto o tardi qualcuno avrà posto la fatidica domanda "cos'è l'arte?"
Senza divulgarci troppo l'arte è un'azione che l'uomo compie per avvicinarsi alla propria scintilla divina.
Di fatto si può dire che l'uomo stesso ha necessità di fare arte per vivere, poichè "arte" non è solo il dipingere, ma il mettere a frutto uno o più degli infiniti talenti che possiamo possedere come esseri viventi.
Tutto ciò che esiste di contorno, cioè, la vita o il vivere non è altro che il piano di lavoro su cui fare esperienza per ottenere in modo palese o "nascosto" eventuali strumenti che poi ci asserviranno a questo scopo.
L'arte presuppone che vi sia un atto creativo, cioè che si crei qualcosa che fino ad allora non esisteva, alla fine quel che si ottiene da tale processo si può riassumere nel termine "arte"
Sia esso un modo di dialogare, o sia un affresco rinascimentale.
Nei testi religiosi il primo a "creare" qualcosa è Dio, per questo molti filosofi hanno seguito questa traccia in seguito per poter meglio evidenziare i motivi che spingono l'uomo a creare, e le metodiche atraverso cui farlo; siamo nel 1500, e il punto è:
"Se questa entità onniscente e infinita crea il mondo... dove lo crea esattamente?"
Cioè;
se sei infinito per definizione... Allora dove trovi uno "spazio vuoto" in cui creare questo mondo?
Prima di tutto, quindi, questo Dio deve aver creato un "vuoto" da riempire e... Deve comunque essere stato il primo ad averlo fatto.
Ma cos'è per l'uomo il corrispettivo meno divino di questo "vuoto" ?
Proviamo a osservare la nostra situazione attuale:
in questo momento, siamo felici di ciò che ci circonda?
Molti direbbero "devo essere grato per ciò che possiedo perchè c'è gente che sta peggio di me, o che ha meno di me" ma... non è questa la risposta che cerchiamo, con sincerità assoluta e in modo netto e chirurgico:
siamo davvero felici?
Se lo siamo, allora non possiamo creare alcunché; essere contenti, infatti, vuol dire che "ci sta bene così"
"con-tenti" cioè "con-teniamo" ciò che c'è, lo manteniamo tale e ci sta bene che così sia, ci limitiamo a con-siderare quel che già esiste e ne godiamo.
Adamo ed Eva nell'Eden, così come li avrebbe voluti Dio.
Se ci riflettiamo pur non sapendo cosa ci succederà domani, o cosa vedremo, o chi incontreremo, una cosa è sicura, il mondo cambierà e potenzialmente conosceremo cose nuove che fino ad oggi non esistevano.
Ciò significa che "il mondo" non è affatto "tutto qui", non è ciò che ci limitiamo a con-siderare, è qualcosa che va al di là di quell'Eden e da cui, essendo fatti a "immagine e somiglianza" di Dio dobbiamo esserne attratti in qualche modo.
Quando ci si accorge di questo è perchè stiamo vedendo qualcosa che non trova posto qui, oggi, significa che vediamo dentro di noi un elemento che magari non siamo ancora in grado di definire, ma che osservando al di fuori, non nella nostra vita, ma, nel mondo stesso, non siamo in grado di vedere.
In quel momento si crea un "vuoto" cioè una mancanza nel sistema (il termine Mondo, da "Mundus" cioè "sistema / sistema chiuso") e sempre in quel momento iniziamo ad avvertire meno con-tentezza, perchè è come se fossimo d'un tratto un pò più alieni rispetto agli altri.
Siamo con-tenitori di un grande segreto che non possiamo mostrare al mondo, perchè non esiste ancora nulla che lo possa indicare fuori, ma che trova una propria collocazione non qui, nel presente, ma più in là nel futuro, o meglio ancora nel "divenire".
Accorgersene è il primo passo della fase creativa, ma è anche una fase particolarmente delicata poichè che in noi si senta questa mancanza è indubbio, tuttavia non bisogna guardare troppo "nell'abisso" per non esserne inghiottiti.
Come visto nei punti precedenti la nostra mente tende a operare sulla base delle informazioni che vi inseriamo, per cui non è utile pensare troppo a questo vuoto, anzi, è assolutamente da evitare, così come insegna Micheal Ende ne "La storia infinita" o in "Momo"
Infatti, nell'istante in cui ci accorgiamo di questo vuoto, vuol dire che quel vuoto si è indubbiamente manifestato qui nella nostra realtà, ora sta a noi riempirlo, ma per farlo non possiamo considerare come obiettivo solo ciò che vediamo, perchè anch'esso è con-tenuto nel nostro mundus.
Occorre iniziare a "de-siderare" cioè a tendere le proprie attenzioni, la propria mente e le proprie energie al di là di ciò che conosciamo, focalizzandoci su quell'idea che apparentemente ci è balenata in mente, anche senza troppa forma, non è importante, abbiamo colto di essa solo alcuni aspetti ma non sono di certo gli unici.
Questa deve essere, in pratica, la nostra fede, credere nell'idea e in noi stessi senza dubbio che questa cosa esisterà da qualche parte un giorno e che noi la si possa aiutare ad emergere anche qui, partendo da adesso.
Il pensare agli ostacoli, rafforza gli ostacoli,
il concentrarsi sul nostro insuccesso, favorirà il nostro insuccesso,
più si teme il "nulla" più questo inghiottirà tutto il resto, inclusa la principessa bambina, che rappresenta il nostro "cuore puro" e la capacità innata di poter desiderare ciò che attualmente è ancora solo frutto dell'immaginazione.
E' importante soffermarci sul concetto di "Principessa Bambina" perchè i bambini sono fondamentali.
Non si può creare nulla che in qualche modo non sia affine a noi.
Non si crea nulla se dopo aver letto un libro o visto un film volessimo replicare qualcosa di simile perchè spinti da una falsa ispirazione che crediamo di aver colto in quel momento.
Ciò che creiamo lo creiamo solo quando in qualche misura è già parte inespressa di noi, per questo a noi è dato modo di vederlo e ad altri no.
Nel nostro caso, ad esempio, si tratta di creare videogames:
ebbene, non cerchiamo l'idea perchè insoddisfatti di altre situazioni della nostra vita,
prima risolviamo quelle, poi niente ci impedirà di creare qualcosa di nostro.
Per noi creare non vuol dire aver visto un nuovo videogioco da un amico e voler fare qualcosa di simile, semmai è già l'avere qualcosa di simile in testa e vedere che il SAR ha condotto a noi quello specifico videogame ciò che andrebbe notato.
E' importante capire la sostanza di cui siamo fatti;
se siamo cresciuti con un particolare genere indirizziamoci verso QUEL genere, non facciamoci cogliere da passioni nate da esperienze contemporanee perchè queste non sono ciò che il nostro "bambino" sta cercando, e neppure fonte di reale ispirazione.
Quest'ultima ci coglie solo quando siamo allineati con i nostri più profondi interessi e desideri, può portarci a compimento solo quando anche la nostra parte più intima e bambina è d'accordo; allora la magia si compie, in ogni altro caso... No.
Per questo ho parlato della "SAR" in primo luogo; il SAR è un radar, se noi lo si tara sul vuoto otterremo il vuoto e sempre più strumenti per accrescere questo vuoto; anche se apparentemente noi potremmo pensare che le nostre idee staranno progredendo nulla è più distante dalla realtà, ci stiamo programmando per allontanarcene, e le ragioni possono essere innumerevoli e personali, sta a noi notarle e valutarle, e a volte potrebbero volerci anche anni.
* Separare il cielo dalla terra
Quando in noi si è iniziato ad avvertire questo senso di "mancanza" occorre iniziare a "ordinare" le idee, in questo senso dobbiamo separare quel che è "cielo" (cioè, divenire) da "terra" (cioè il presente)
Mettersi dei paletti è importante, porsi dei limiti permette di focalizzare sempre più i nostri intenti in una direzione precisa.
Tutto questo serve a "delineare" meglio i profili di ciò che andiamo cercando, ma è necessario porre attenzione su ciò che facciamo e porsi i limiti giusti.
Non c'è qualcosa che oggettivamente non possiamo fare, imparare un nuovo tool per esempio, o un linguaggio a noi sconosciuto, a patto di crederci e a patto di non fingere con noi stessi né di cercare risultati per forza in tempi brevi.
La questione è che spesso noi sentiamo l'impellenza di mettere al mondo qualcosa di nostro e tendiamo a dimenticare che quel qualcosa ha bisogno di tempo e di dedizione.
Va bene focalizzarsi sui propri obiettivi, ma ogni nostro gesto acquisisce forza e importanza in base anche al sacrificio che siamo disposti a compiere per avvicinarci a lui di un qualche passo.
Ciò vale per tutto, non solo per il nostro specifico caso.
E' un pò come Phoenix Wright e il suo dogma abituale del dover credere nel proprio cliente:
per noi vale lo stesso, non si può cedere all'ispirazione senza crederci ciecamente,
non ci si può abbandonare al pensiero involontario se non si crede di poter cedere totalmente l'illusione che il "controllo" cosciente esercita in noi.
Il sacrificare qualcosa non è un sacrificio a vuoto, stiamo sacrificando qualcosa che possediamo per poter ampliare lo "spazio" necessario alla nostra idea per dispiegare le ali e spiccare il volo.
Se non siamo pronti a sacrificare nulla, vuol dire che non stiamo realmente creando e che stiamo solo emulando qualcosa visto da altri, magari per non essere esclusi dal gruppo, l'energia non può stagnare, se ci fermiamo qui può nascere solo qualcosa di morto.
Il sacrificio, cioè "fare il sacro" significa votare sè stessi in favore di un "centro" verso cui stiamo tendendo, se questo ci spaventa possiamo intenderlo come un "cambiamento" e non come una perdita, tuttavia, anche il "cambiamento" è per forza di cose un elemento atavico di cui l'uomo ha paura.
Nell'atto della creazione noi tutti stiamo riscoprendo la nostra scintilla divina, non dobbiamo considerarci come sempre fatto, non ci si può spaventare e dire "non ce la si può fare"
Certo, non possiamo sempre farlo "ora"
ma se quel qualcosa batte dentro di noi sta solo prendendo tempo, sta solo aspettando un altro momento per riemergere.
Se potessimo aiutare una farfalla a uscire dal bozzolo questa non potrebbe volare, perchè il tempo e l'impegno necessari a lei per forare la propria "gabbia" e distaccarsene sono ciò che le permette di sviluppare i muscoli che le consentiranno di vivere da farfalla.
Tutto ha bisogno di tempo, di sacrifici, se vuole cambiare in qualcosa di diverso e (per definizione) stra-ordinario (cioè "oltre" quello che già c'è).
Se il "sacrificio" non fa parte di noi, ci stiamo accontentando, e non si può essere più lontani dalla creazione di ciò che già esiste e di cui tutti possono già godere.
* L'autonomia del mondo e del pensiero
Anche per chi crea, come noi, questi "abbandoni" al sacrificio e agli automatismi di cui dispone sono necessari, poichè v'è un momento, quando l'idea sta prendendo forma, in cui le cose sembrano agire per conto proprio.
Ogni idea nuova è come il frammento di un puzzle, noi possiamo cogliere solo quel pezzo, ma intorno, a nostra insaputa, vi sono migliaia di tessere che compongono un'immagine ben più complessa e articolata di ciò che in quel momento ci è dato cogliere.
Sempre, quando creiamo, a un certo punto le cose è come se fiorissero da sole, come se non fossimo noi i creatori di quel mondo ma più che altro degli "esploratori"
I personaggi delle nostre storie si ribellano, gli eventi cambiano in corsa in modo naturale e inaspettato.
Tutto ciò è ovviamente sempre fonte di frustrazione per chi crea, ma spesso anche soddisfazione, e stupore per la piega che prendono le cose.
Noi partiamo con un'idea, poi, non siamo sempre noi a svilupparla ma è lei stessa a mostrarci le proprie qualità di cui, inizialmente, eravamo all'oscuro.
Queste caratteristiche sono il segnale che l'atto creativo è in piena, senza delle quali non esisterebbe neppure il supporto dell'ispirazione.
Alle volte però, soprattutto se possediamo un carattere forte o un certo egocentrismo fatichiamo a cedere al progetto una propria autonomia, vogliamo poter scegliere costantemente pensando di sapere cosa sia bene e cosa no; questo frena inesorabilmente il processo creativo, è un ostacolo, e non una risorsa.
E' meglio abituarsi a vedere le proprie creazioni non come frutto univoco della nostra fantasia e delle nostre capacità; sebbene queste ultime non siano messe in dubbio è preferibile abituarsi al paradigma che l'idea non nasce da noi, ma sia più un "vento" di futuro che abbiamo potuto cogliere in un particolare momento della nostra vita.
Non è qualcosa che serve a noi per farci più belli e forti davanti agli altri, ma elemento di un "divenire" che è giunto fino a noi, qui, perchè cambiasse lentamente (e in co-operazione con tutto il resto) l'aspetto attuale del mondo.
Non dobbiamo essere arroganti, non possediamo noi quell'idea, al contrario, dobbiamo essere grati di quel che succede, poichè in qualche modo il "tutto" ci ha scelto per potersi ampliare, e in breve ci ha resi ambasciatori di questa nuova nascita.
Tutto quel che viene trattenuto da una qualche forma di controllo, invecchia e muore. Così accade alle nazioni, le idee e l'uomo.
La vita, al contrario, non invecchia, la vita cambia nel corso di altre innumerevoli vite, e con il loro sostegno.
Questo è un modo di pensare decisamente filosofico, tuttavia non è del tutto sbagliato.
E' senz'altro giusto amare e adorare il nostro lavoro, infatti, ma anche saper lasciare i giusti spazi perchè si esprima come un'entità libera dalle nostre convinzioni, e dunque viva.
Troppo controllo e pressioni soffocano la nostra vena creativa, o la stessa creazione nell'atto di esprimersi, è bene ricordare che non è una gara, men che meno una prova di forza con noi stessi e con gli altri;
se crediamo realmente in ciò che facciamo, quello che facciamo saprà ricompensarci con la stessa dedizione che noi gli abbiamo infuso;
siamo i suoi padri, questo è certo, ma non siamo "padroni" di nessuna idea.
Non si crea per fregio personale, si crea perchè ne sentiamo la necessità, e questo non si spiega con i guadagni relazionali o economici, né con la mera vanità umana.
L'atto di creare è qualcosa che fa parte di noi come il respirare e il pensare, non va confuso come qualcosa che solo noi possiamo fare e per il quale andremmo premiati.
Se si indugia troppo su questo pensiero avviene l'esatto contrario, e non sarà difficile accorgersi che qualcun altro avrà realizzato ciò che avremmo potuto già fare noi.
A quel punto spesso diciamo "mi ha rubato l'idea" ma... Sarà davvero così?
Oppure l'idea già c'era e ciò che è venuto a mancare è stato il nostro supporto incondizionato nei suoi confronti?
Amiamo realmente quello che scegliamo di fare? O piuttosto lo facciamo per emulare qualcuno che ci sembra più felice, fortunato o famoso di noi?
Perchè scegliamo di fare quello che scegliamo di fare? Cosa ci spinge a farlo?
* Stelle e luminarie
Il nostro obiettivo è il nostro sole,
è la nostra luna,
è tutto ciò che deve attrarci e a cui siamo devoti.
Se nella nostra testa vi sono altri interessi è bene metterli da parte per il periodo necessario, al giorno d'oggi il poco tempo e gli impegni costanti sono un continuo minare il nostro cammino e la nostra "fede" nei confronti di ciò che andiamo a creare.
Non va messa in disparte per dare spazio a pensieri più "abitudinari" più vi si pensa e meglio è per lei.
L'attenzione può veicolare un'energia inarrestabile quando la si indirizza in un punto soltanto, per fare ciò, va chiuso fuori tutto il resto.
Per questo alle volte si può recuperare energia e concentrazione dedicandosi ai lavori manuali, perchè il fisico opera in modo meccanico, senza dover per forza intrappolare la mente in pensieri di poco conto.
Credere ciecamente in qualcosa vuol dire "crederci" davvero,
vuol dire non abbandonarlo mai, in questo senso deve essere il faro che guida i nostri pensieri.
Questo non vuol dire che ci è preclusa qualunque altra attività, ma che queste vanno sfruttate come spazi per ragionare sulle nostre idee, o sfruttate come punti di vista nuovi da cui osservarle e provare a dar loro nuovi slanci.
Quando parliamo con gli altri distogliamo l'attenzione dall'individuo che ci parla e domandiamoci "questo come può aiutarmi?"
Immaginiamo che ci stiano semplicemente dando delle informazioni utili ai nostri scopi, (inconsapevolmente) e cerchiamole in ciò che viviamo, estraiamole e troviamo loro nuove collocazioni, e nuovi utilizzi:
tutto può fungere da strumento.
Nel cielo ci sono infinite stelle, questo vuol dire che ci sono infinite idee e infiniti nuovi talenti; ciò che stiamo creando non è differente dagli altri, non è realmente "speciale" è qualcosa che merita di esistere ma che potrebbe non distinguersi nel cielo.
Non dobbiamo preoccuparci delle altre stelle, ma solo della nostra, se vogliamo farla brillare più degli altri astri dobbiamo sostenerla con tutto noi stessi.
Ciò presuppone che combatteremo contro ogni sorta di ostacoli, e che dovremo fare innumerevoli sforzi e sacrifici, quindi, in ogni momento cerchiamo di ricordre il perchè lo stiamo facendo.
Se quel qualcosa per noi è davvero importante, allora per quanto alcune decisioni possano essere sofferte le potremo contenere e andare avanti;
se, invece, abbiamo un tentennamento proviamo a chiederci allora cosa conta realmente per noi nella vita, cosa siamo disposti a cedere in cambio perchè quel qualcosa emerga sulla superfice del mondo.
Non tutti sanno creare, tutti possono ma, nel mondo di oggi, si è dimenticato come si fa, e si tende a dire che la fantasia sia un "dono"
Non è così, ma se ci sono cose che reputiamo più importanti, allora è meglio iniziare a farsi delle domande, anche a costo di ricevere risposte che non sempre possono piacerci.
E' indispensabile per capire chi siamo e quanto di noi siamo in grado di cedere per ottenere qualcosa in cambio.
Creare non è qui, è qualcosa che viene dal futuro, che non esiste qui, e non può essere colto qui.
E' una terra di mezzo in cui ci è stato concesso di muoverci e cogliere degli elementi,
è frutto di fatica e costanza,
ma è anche qualcosa che dona energia, soddisfazioni e gioia.
Se quando dobbiamo operare una scelta ci fermiamo solo a soppesare il passato e il presente, e gli aspetti negativi del perdere o del cambiare aspetti di noi e della nostra vita, non ci potremmo mai muovere di un passo in avanti verso i nostri obiettivi, né faremmo nulla di utile affinchè quel futuro possa manifestarsi davanti a noi.
Serve costanza,
serve sacrificio,
serve dedizione.
Senza questi elementi... è meglio che lasciate perdere e che indirizziate i vostri interessi su qualcosa che già esiste.
Chi si accon-tenta gode, infatti, ma non è sempre lo scopo per cui viene al mondo.
Tutto sta nel capire che genere di individui siamo, e quali sono le passioni che fanno nascere in noi nuovi progetti.
Modificato da Martin Ginrai, 08 March 2018 - 19:04 PM.