Tra due antiche e imponenti colonne,
al di sotto d’uno smunto rilievo,
attraverso un ora svuotato varco,
per l’ingresso nella proibita chiesa.
E dentro, pur senza uomini o donne,
non v’era il caos che immaginar potevo:
il pavimento di macerie carco,
e ogne marmo di polvere sovrasto,
non eran ciò che l’occhio mio vedeva,
ma puliti decori e scema terra;
solo gli enormi ragni e i pipistrelli
testimoniavano l’età pretesa.
E le regole che il tempo imponeva
spansero, quando vidi un gatto che erra
per la sala, mancando i morti appelli:
non pareva affatto di privo pasto,
né soggetto di scarsa o assente cura,
ma in grande forma ed in salute e saggio,
con due attenti e graziosi e azzurri occhi,
la pelliccia color crema e accesa.
E quale stupore che è quasi paura,
provai dinnanzi a quel poco selvaggio,
quand’ello parlò, facendo noi sciocchi:
“Di rado, per questo luogo nefasto,
ricevo alcun visitatore… tu,
annunciati, chi sei e perché vai?”
comandò me con far da proprietario;
ma la mia risposta restò sospesa,
da Shauna che guardò allibita in giù:
“Il gatto ha appena parlato!”; “Ma dai?
il sottolinearlo era necessario?”
l’apostrofai io, troncato rimasto;
lei quasi non si accorse del mio dire,
e di rimando fu il gatto a precedermi:
“Mm… giurerei di averti già fiutato”
rivolto a lei, che ancora era sorpresa:
“di’: hai già avuto in passato l’ardire
di avvicinarti quici… e non ledermi,
provando a mentire su quanto è stato”;
ed ella s’erse toccato quel tasto,
parvendo stolta e un poco imbarazzata:
“Io… soltanto una volta e da bambina!
però ho solo guardato da lontano,
la porta era chiusa e mi sono arresa!”.
Tutti e tre guardammo verso l’entrata,
confusi… e la creatura felina:
“Quale porta?”; era in effetti strano,
perché l’accesso era di legno casto.
Poi quello di colpo parve capire:
“Ah… un’illusione del mio padrone,
ovvio, questo spiega molte questioni;
quindi sei tu” disse con aria tesa,
verso me rivolto “puoi percepire
molto più di tutte l’altre persone:
come? che ti guida e che fine poni?”.
Non capivo e gli dissi di me guasto,
occultando però le inconsce viste;
così lui fece una smorfia e riprese:
“Non vedo dunque perché andate qui,
ma così, per ingannare l’attesa,
perché non mi rendete meno triste,
liberando l’essenze al mondo coese,
mia e del mio più fido amico, sì?”
Shauna richiese un sapere più vasto,
giacché né io, né lei, comprendevamo:
“Io non sono ancora vivo, ma spirto,
e tale è anche chi mi accudì in vita.
Quando, per il tempo, un’Essenza è spesa,
quast’ascende a un mondo che non capiamo,
detto ‘dell’Angelo’, perfetto e mai irto:
qui sta in eterno ogni forma esistita,
tranne alcune, bloccate per contrasto;
queste sono spiriti, che rimangono
ancora, legati da un qualche scopo:
il mio padrone è invece condannato
a stare, per una mai stata offesa,
e le mie membra insieme a lui, permangono.
Altri mai morti, venuti a noi dopo,
sono spettri, dal fato sfortunato,
che corrotta presenza gli fu basto,
e mai potranno all’altro mondo ambire;
noi viceversa potremo sognarlo,
rotte le catene o adempito il patto.
In un monolite è in ostaggio presa
l’essenza tormentata del mio sire:
prego voi di provare a liberarlo,
e insieme a lui, lo spirito me gatto:
e con lui, andrò all’angelico fasto.
Io sono Blu, Sil invece è il mio maestro,
e al piano sopra è l’aguzzino sasso;
ma d’altra parte dovrete cercare,
perché il prigionato non si palesa,
se non esposto a un manufatto destro,
segretato in quest’eremo lasso.
Forse il farlo ti potrebbe aiutare,
ma da te, che le zampe non c’impasto”.