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Screen Contest #90

Kamikun






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QUEST IV

    fanton95
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#181 Inviato 05 March 2011 - 14:05 PM

Erech sentì distrattamente la risposta stizzita di Gabriel, ma non gli interessava minimamente essere simpatico e socievole con i nuovi arrivati; gli interessava soltanto uscire di lì.

"Che meraviglia. Mi piacerebbe osservare ogni dettaglio di questo giardino, ma la cosa importante adesso è uscire di qui."

Il mago non si fidava di Gabriel e tantomeno di Lunamaria, così rallentò il passo finendo dietro a tutti.

"Meglio essere prudenti."

"Oh perché dobbiamo essere così, noi? – ci domandiamo talvolta allo specchio - con questa faccia, con questo corpo? – alziamo una mano, nell'incoscienza; e il gesto ci resta sospeso. Ci pare strano che l'abbiamo fatto noi. Ci vediamo vivere. […] In certi momenti di silenzio interiore, in cui l'anima nostra si spoglia di tutte le funzioni abituali, e gli occhi nostri diventano più acuti e più penetranti, noi vediamo noi stessi nella vita, e in se stessa la vita, quasi in una modalità arida, inquietante; ci sentiamo assaltare da una strana impressione, come se, in un baleno, ci si chiarisse una realtà diversa da quella che normalmente percepiamo, una realtà vivente oltre la vista umana, fuori delle forme dell'umana ragione." [L.P.]

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#182 Inviato 23 March 2011 - 22:54 PM

Badai bene ad osservare ogni particolare nel tragitto che ci portò infine al tanto agognato luogo. Tuttavia badai anche ai movimenti dei miei nuovi simpatici compagni di viaggio, che tutto sommato non avevano preso a male la fine del loro vecchio amico di scampagnate.
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#183 Inviato 01 May 2011 - 18:29 PM

EPILOGO QUESTA DISCORDIA.
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Entrati all’interno della torre, Gabriel, Erech e Arlette si ritrovarono davanti ad in una stanza a pianta quadrata con i muri fatti in mattoni di pietra. Una larga gradinata partiva dal terreno innalzandosi verso l’alto, fino ad essere del tutto inghiottita dall’oscurità. Lunamaria entrò per ultima guidando il resto del gruppo verso le scale. Quello che seguì, fu una complicata scalata dove due creature mollicce, uguali al mostro incontrato nella biblioteca, apparvero sbarrando la strada al gruppo.
Erech e Arlette si ricordarono del punto debole di quelle creature, gli occhi, e grazie al supporto di Lunamaria e Gabriel, i quattro riuscirono a farsi strada nella torre raggiungendo i livelli superiori.
Qui, la verità sull’intera città magica venne finalmente alla luce, poiché raggiunto l’ultimo piano della torre, il gruppo si trovò in una nuova stanza quadra, questa volta finemente arredata di tutto punto, come uno studio di magia di un qualche mago esperto poco avvezzo all’ordine. Lunghe librerie di legno correvano per i muri fino a toccare il soffitto e molte pile di libri se ne stavano sparpagliate a terra appoggiate insieme ad altre cianfrusaglie indecifrabili. Sulla scrivania regnava il caos, con ovunque fogli di carta pieni di formule bizzarre. Al centro della sala, una poltrona foderata di stoffa verde con sopra una persona intenta a leggere un libro. L’illuminazione delle candele non permise di riconoscerlo subito, ma una volta avvicinati, Arlette ed Erech riconobbero immediatamente il misterioso figuro.
Il principe Uhr in persona o quanto meno, vantava una forte somiglianza con l’uomo che si era mostrato nella città di Agrahel. L’unica differenza, l’uomo che risiedeva lì davanti al gruppo, appariva un po’ più giovane di circa una decina d’anni rispetto al principe incontrato in città.

L’uomo si presentò come il principe Uhr rivelando al gruppo il resto del racconto che Lunamaria non aveva ancora narrato.

Il principe confidò al gruppo l’origine di Agrahel, la cui fondazione era la causa stessa di tutti i suoi guai. Più precisamente, la città di Agrahel non era stata costruita a caso, ma sopra a delle antiche rovine elfiche rinvenute da un lontano antenato del principe e dai suoi compagni.
L’antenato si chiamava Duringar, ed era un cavaliere mercenario accompagnato da una maga, sua futura moglie, e da altri due compagni di ventura: un sacerdote di Basilea e un elfo di nome Elros.
Grazie alle ricchezze ottenute dalle rovine, i quattro poterono fondare la città dei propri sogni e nei secoli a venire, Agrahel divenne ben presto una città fondamentale per l’intero continente soprattutto per l’incredibile convivenza che umani ed elfi erano riusciti ad instaurare.

Tuttavia, gli anni passarono inesorabili portando all’inizio e alla fine di molte generazioni. L’antenato del principe ebbe diversi figli che a loro volta procrearono, continuando la dinastia. Del vecchio gruppo, soltanto Elros sopravvisse al tempo, dimostrando una longevità stupefacente persino tra gli stessi elfi.
I discendenti di Duringar cominciarono a provare invidia e sospetto per la “continuità” di Elros che per volontà stessa di Duringar, occupava una posizione predominante all’interno della città. Il pensiero che loro sarebbero morti, spariti inghiottiti dal tempo, mentre l’elfo li avrebbe seppelliti tutti, iniziò a incrinare la loro convivenza, modificando così anche le relazioni tra umani ed elfi all’interno della città.
Anche Elros, sebbene fosse cambiato poco fisicamente, mentalmente non era più lo stesso elfo di un tempo. Il fastidio e l’intolleranza per i discendenti di Duringar che a suo parere erano del tutto inadatti a governare la città, portò alla rottura definitiva.

Che sfociò nella creazione di una setta elfica volta a prendersi una volta per tutte il controllo della città.
Tutto questo, anche per preservare i segreti delle rovine elfiche lontano da mani umane, un luogo di potere che per secoli era stato rivelato solo a pochissimi soggetti.
Elros però ebbe bisogno di tempo per poter creare la sua setta, selezionando i collaboratori migliori per lo scopo, per piazzare nel consiglio della città uomini a lui fedeli che al momento opportuno avrebbero tradito il Re. Il padre del principe Uhr comprese di essere ormai completamente solo con una rivolta impossibile da arginare, di conseguenza escogitò un piano d’emergenza.
Intuendo che l’avvento degli elfi era ormai prossimo , il sovrano di Agrahel nascose la chiave per accedere alle rovine elfiche e la consegnò al proprio figlio. Elros non prese bene la chiusura delle rovine e assassinò il padre del principe per vendetta. Intuì che il sovrano aveva probabilmente lasciato un messaggio al proprio erede, magari per ritrovare la chiave, decidendo quindi di lasciarlo in vita e attendere che il tempo facesse il resto.

La chiave però, manifestò presto una propria volontà, concretizzando l’intera città illusoria creata da Lunamaria per i suoi insegnamenti. Le chiavi servono infatti ad aprire porte e così fece l’oggetto, creando spontaneamente dei passaggi tra la città illusoria e le rovine elfiche nascoste sotto ad Argahel. Questa era infatti la caratteristica principale della chiave. Aprire ovunque si volesse, passaggi per le rovine.

Il principe si rivolse al gruppo: Se avete esplorato la città prima di venire qui, vi sarete accorti che alcuni elementi sembrano essere del tutto incoerenti.

(La biblioteca abbandonata piena di alberi , che appare più grande all’interno di quanto lo fosse poi vista da fuori.)
Per diverso tempo, gli elfi pensarono che il principe fosse dotato di poteri magici superiori conferendogli anche una discreta fama come giovane mago guerriero. Quei poteri spaventavano al punto tale da frenarli da qualsiasi tentativo di ribellione. Quando però la città illusoria di Lunamaria divenne solida, Elors, esplorandola, comprese ogni cosa.

L’elfo fece allora la sua mossa, alterando le ombre che popolavano la città illusoria al fine di uccidere chiunque mettesse piede in quel luogo. Gli elfi della setta, non più timorosi di affrontare il principe, iniziarono a muoversi per il controllo di Agrahel.

Elros non aveva più bisogno della chiave, perché ormai era possibile accedere alle rovine tranquillamente attraverso la città illusoria. Quindi sigillò la città all’interno di un gioiello per essere così l’unico a poterne beneficiare. Il principe venne assassinato e sostituito, ma poiché era in possesso della chiave, prima di morire fu in grado di aprire un passaggio per le rovine elfiche, dove però vi poté accedere solo con la propria anima (di conseguenza un passaggio a senso unico) .

Lunamaria e pochi altri rimasti fedeli al principe, rubarono la gemma e la chiave nella speranza di trovare un modo di salvare l’anima di Uhr, scappando poi in direzione diverse per confondere le tracce dei loro inseguitori, desiderosi di recuperare il gioiello. Purtroppo, Lunamaria venne raggiunta da un gruppo di sicari e uccisa brutalmente.
La chiave andò distrutta nello scontro, ma esattamente come aveva fatto con il principe, aprì un passaggio spontaneo permettendo all’anima di Lunamaria di sopravvivere nella città illusoria, un procedimento che avvenne in modo del tutto incontrollabile attirando dentro di se anche i sicari, che morirono divorati dalle ombre.

Il principe concluse il suo discorso arrivando finalmente al punto: la verità su Agrahel dev’essere rivelata e il gioiello che collega le rovine elfiche con la città fittizia dev’essere distrutto.

Il principe è convinto che così facendo, la sua anima e quella di Lunamaria, potranno finalmente avere pace.

Arlette, ascoltò in silenzio ed ebbe diversi dubbi sulla veridicità totale di quella storia. Così come Erech che continuava a non fidarsi del tutto di Lunamaria. Gabriel non si fece troppi problemi interessandosi soltanto ad un modo per uscire da quel pasticcio.

I tre, comunque, accolsero le richieste del principe concordando la via d’uscita con la richiesta di distruggere il gioiello una volta tornati nel mondo reale.
Il principe indicò loro una porta situata in uno dei corridoi della torre. Una porta attraverso cui lui e Lunamaria non potevano accedere, ma che lasciò passare i tre avventurieri rimasti.


Il passaggio si rivelò autentico e i tre avventurieri tornarono finalmente nel deserto dove tutto era cominciato. Sfortunatamente però, non ebbero modo di gioire di quella situazione. Tornando nel mondo reale il gioiello si illuminò tra le tenebre della notte e qualcuno se ne accorse.
Quando la luce attorno ad Arlette, Erech e Gabriel svanì, i tre si ritrovarono accerchiati da quattro elfi con le armi spianate. Arwien in mezzo a loro a comandarli con Leon steso a terra ai suoi piedi, ferito gravemente.

A quel punto, divenne chiaro anche il vero obbiettivo di quella spedizione.

Non c’era nessuna chimera a cui dare la caccia. Nessun ingrediente da trovare. La moglie del principe congelata non era altro che un pretesto per spingere gruppi di avventurieri ad esplorare le zone dove i compagni di Lunamaria si erano divisi sperando così di incappare nei resti di colui che aveva conservato il gioiello per recuperarlo in qualche modo.

Scoppiò subito una violenta battaglia. Gabriel riuscì a curare Leon ( Arlette ed Erech glie lo indicarono come amico) che ebbe così modo di prendere parte al combattimento equilibrando un po’ la differenza di forza. Arlette affrontò personalmente Arwien in un duello tenendolo impegnato. La ragazza se la cavò bene, ma la differenza di forza ed esperienza era troppo sensibile per poter affrontare quel nemico da solo ed ebbe inizialmente la peggio . La Falcione a cui la ragazza era profondamente legata si spezzò sotto i colpi della lama azzurra impugnata dall’elfo, lasciando così la guerriera ferita in uno stato confusionale.

I quattro elfi, intanto, vennero sconfitti, se pur a fatica. Leon ed Erech tentarono una mossa disperata con magie ed illusioni per distrarre Arwien che abbassando la guardia, viene poi trafitto alla spalla dalla Falcione spezzata di Arlette, furiosa e rinvigorita dalle preghiere di Gabriel.
Intanto, all’orizzonte, le torce di altri elfi a rinforzo si fecero via via più vicine rendendo chiaro a tutti che l’esito di quella battaglia era quanto mai disperato.

Erech e Arlette concordarono che l’unica cosa rimasta da fare ormai era distruggere il gioiello almeno per non dargliela vinta. Arwien tentò di intervenire, ma fu troppo lento. La Falcione di Arlette, se pur spezzata, mentene intatto il suo filo quanto basta da danneggiare la gemma.
L’intera zona venne invasa da un lampo di luce seguita da un tremito fortissimo.
Arwien venne sbalzato via perdendo la sua spada. Gli elfi a rinforzo indietreggiarono spaventati e anche il gruppo non capì bene cosa fosse in procinto di accadere. Leon rimase coinvolto a sua volta nel terremoto e sparì nella polvere. Erech suggerì di fuggere, ma non prima di aver frugato insieme a Gabriel nelle tasche degli elfi uccisi. Arlette si limitò a raccogliere la spada azzurra che aveva danneggiato la sua Falchione , osservando quella lama brillante con rabbia, ma restando anche affascinata da essa. La guerriera rimuginò tra se e se. Forse, usando la lama di quella spada azzurra, la sua Falchione sarebbe tornata a vivere. C’avrebbe pensato.
Il gruppo tentò di cercare Leon in mezzo a quel disastro, ma si rivelò presto un’impresa impossibile.

La stessa terra era impazzita con grandi sagome rettangolari che emersero dalla sabbia alzandosi verso il cielo. Il gruppo non poté fare altro che allontanarsi correndo come se avessero alle spalle un drago. Soltanto quando finalmente si sentirono al sicuro, arrivati sulla cima di una collina , ebbero il coraggio di fermarsi e guardare il paesaggio alle loro spalle


Una visione inaspettata.

La città immaginaria era uscita dal gioiello e aveva sostituito il paesaggio desertico presente fino ad un momento prima. Le ombre e le creature deformi apparvero dai vicoli attaccando gli elfi rimasti incautamente troppo vicini alle mura.

Erech, Arlette e Gabriel compresero che i loro sospetti forse erano fondati. Forse il principe e Lunamaria non avevano detto loro tutta la verità, ma anzi, li avevano usati … O magari tutto questa era una conseguenza imprevista nell’aver distrutto a la gemma.
Qualsiasi fosse la verità, il gruppo era stanco di quella storia e restare nei pressi di quella città maledetta sarebbe stato da lì a poco troppo pericolo.

Il gruppo osservò ancora la città per qualche minuto, sperando inutilmente di vedere Leon spuntare fuori da qualche parte, poi si voltarono e camminarono verso il luogo abitato più vicino, gentilmente indicato da Gabriel ( da cui era arrivato).

Che il principe e Lunamaria avessero detto la verità e sbagliato in buona fede, o il tutto fosse stata una mossa per liberarsi da quella prigione mistica, non aveva più importanza. Quella notte, qualcosa era scuramente cambiato a causa delle azioni delle gruppo, qualcosa che avrebbe influito negli eventi a venire, ma al momento, l’unica cosa che premeva ai sopravissuti della nottata era raggiungere un letto , possibilmente lontano da elfi.

FINE QUEST


Arlette ottiene: 800 Px
Erech: ottiene: 800 Px
Gabriel: ottiene 800Px

Arlette raccoglie la spada di Awrien, ottiene quindi la Lama distruttrice. Arlette può decidere di usare la Lama distruttrice come sua nuova spada, oppure di cercare un fabbro esperto, smontare la Lama distruttrice e fonderla con la falchione per vedere che ne viene fuori. Nel caso voglia un fabbro, vedremo di fare la giocata.
Spoiler


Erech: ottiene L’anello del sapiente magico.
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Gabriel il Medaglione della verità e menzogna.
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Inoltre, tutti i giocatori sopravvissuti ottentono 120 monete d’oro.





NOTE FINALI
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Mi scuso per la gestione sgangherata di questa quest. Questo è a grandi linee quello che avevo in mente per voi, ma ho fatto un errore madornale... Ho sottovalutato completamente il tempo a disposizione e la quest si è rivelata davvero troppo lunga da gestire.

Troppo complicata e incasinata. La mia intenzione era dare un senso alla quest di Discordia e cercare di collegare le cose ad un filo comune, ma non sono molto soddisfatto di com'è andata. Troppo incasinata .

T_T

Va beh, mi spiace ,ma è anche complice il fatto che non mi è piaciuto lo sviluppo una volta messo in scena e mi ero incartato in soluzioni che con tutta la buona volontà non erano proprio di mia soddisfazione.
Avrei dovuto, se fossi stato furbo, limitare a gestire la quest solo nella biblioteca e dare un senso unicamente a quello.


Va beh. Scusate i disagi.

Modificato da VAL, 01 May 2011 - 18:50 PM.

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