Shiki: mentre riflettevo sulla tua questione mi sono venute alla mente delle cose che lessi qualche anno fa a riguardo.
Ciò non è inerente al tuo stato, ma al solo stato della depressione.
L'uomo propende a credere che, per esempio, se gli regalano dei soldi, è felice, mentre se glieli tolgono debba intristirsi.
Ciò può corrispondere alla verità, ma presuppone che per essere felici sia necessario per forza di cose "stare bene"
e questo non è affatto vero.
Così come una persona impara le buone maniere, un nuovo lavoro, una lingua che non conosce, allo stesso modo impara a essere triste o felice,
perchè non va dimenticato che la nostra mente va programmata per poterla utilizzare al meglio delle sue capacità.
in pratica la nostra tristezza o felicità derivano anch'esse da un apprendimento;
se nella nostra vita scorgiamo solo lati negativi, in breve vivremo più esperienze negative ché positive, col risultato che saremo più "allenati" alla tristezza
(cioè a riconoscere e manifestare la tristezza) rispetto alla felicità.
C'è un esercizio abbastanza semplice per incrementare il nostro "bagaglio" di felicità, ora... esistono diverse varianti, così che ognuno possa spacciarlo per una propria idea, io la prima volta che ne ho sentito parlare è stato da Richard Bandler, ma è probabile che non sia una sua intuizione: si tratta semplicemente di "diminuire" la nostra resistenza alla felicità.
La persona depressa tende a cadere sempre più nella depressione dal momento che la sua "vista" nei confronti del futuro è limitata,
tutto ciò che si tende a vedere è quindi un presente o un futuro/presente in cui non si ha una grande libertà (da cui, contrariamente, originerebbe, invece, il senso di felicità di una persona)
La felicità e la tristezza però sono punti di vista diversi a una stessa situazione, il motivo per cui il depresso non riesce a vedere motivi di felicità non è nell'oggettività delle cose, ma nella resistenza che incontrano i suoi neuroni di aprirsi un percorso alternativo.
Per "smuovere" un pò questo stato di stagnazione Bandler consigliava di appuntare su un quaderno, ogni giorno, prima di andare a letto, almeno tre eventi della giornata che potessero essere stati motivo di "felicità"
Lo scrivo fra virgolette perchè non si intende una felicità genuina, ma forzata, cioè dei motivi oggettivamente validi per cui essere felici, non che questi ci abbiano realmente fatto provare la felicità, questo infatti, almeno all'inizio è molto difficile se si è inclini alla depressione.
Dopo averli scritti ci si prende del tempo per rileggerli ad alta voce e rifletterci un pò su.
Tale "forzatura" anche come esercizio di "scrittura" (possibilmente è meglio scrivere a mano) va ugualmente a creare dei nuovi percorsi neurali, e ciò basta, alimentandoli ogni giorno con la rilettura costringe la mente a prenderne atto.
Con il tempo questo permette di muovere i processi neurali attraverso percorsi rivolti alla felicità, ovviamente... non è un lavoro che dura due settimane, è un lavoro lungo e in cui è necessario impegnarsi sempre di più ogni giorno. Però qualcosa effettivamente lo smuove, è chiaro che dipende sempre anche da quanto è affermato il senso di depressione, ma diciamo che questo è un "aiuto" che comunque male non fa.
Va tenuto conto che comunque l' "energia" di un pensiero "felice" non è da paragonarsi a quella di un pensiero "triste"
tutto quello che è rabbia, tristezza, pesantezza, incide cinque volte di più di ciò che è "gioia, felicità, leggerezza...
noi siamo antropologicamente evoluti per mostrare maggiore sensibilità verso le emozioni negative, e questo... tutti, non è una prerogativa dei depressi.
Significa, in soldoni, che se vivi un'esperienza negativa, per "vincerla" devi provarne cinque di positive PIU' una;
naturalmente la sto facendo facile, ed è ovvio che si parla non del numero di eventi quanto dell'incidenza delle emozioni sul singolo evento.
Beh, niente, mi era venuto in mente questa cosa... oh, giusto, molti sostenitori del "pensiero positivo" parlano anch'essi di questo esercizio, ma non è un esercizio sul pensiero positivo, può esserlo, ma a me, risulta che sia anche un vero strumento psicologico usato dai professionisti.
Dico ciò perchè il pensiero positivo negli ultimi dieci anni è stato accantonato per lo più dal momento che si è rivelato essere dannoso per i soggetti più egoici
Modificato da Martin Ginrai, 07 December 2015 - 15:31 PM.