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Screen Contest #90

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Come creare, Tutorial di stampo psicologico e filosofico-ermetico sul come fare.

    Martin Ginrai
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#1 Inviato 29 January 2018 - 16:24 PM

Questo tutorial è diverso dagli altri tutorial: non si pone, infatti, come una lista di operazioni da fare per raggiungere un risultato specifico, ma si propone di spiegare il processo che porta a quel risultato,

di cui alle volte ignoriamo il senso, o che spesso diamo per scontato.

 

Per l'appunto, il secondo caso è molto diffuso perchè raramente è capitato / o capita nella nostra vita una persona che ci spieghi come si inventa, come si crea, e cosa vogliano dire queste due cose.

 

Alcuni concetti quindi potranno sembrare "già sentiti" altri del tutto sconosciuti, per mia esperienza voglio dare un consiglio a tal proposito:

anche ciò che ci sembra familiare non va sottovalutato, ma anzi, ripreso in esame per trovare il miglior modo affinchè possa aiutarci nel perseguire il nostro scopo.

Tutto può fungere da strumento.

 

Oltre ciò, tutto quello che scriverò non ha un indirizzo preciso, e nasce da varie considerazioni di stampo prettamente filosofico e filosofico-ermetico; va quindi preso non come "verità assoluta" se non nelle sue divagazioni scientifiche, ma come "base" da cui osservare ed osservarsi nel proprio interesse e caso.

 

Siamo tutti diversi, infatti, ma la meccanica alla base dei nostri pensieri e del come agiamo è la medesima, ciò che cambia e rende vario il nostro modo di porci a fronte dei vari argomenti sono il "vissuto" (che è, di fatto, differente per ognuno)

il bagaglio conoscitivo e le esperienze personali.

 

Detto ciò, andiamo a iniziare.

 

 

* L'ispirazione:

Più di una volta è capitato che qualcuno chiedesse, o mi chiedesse informazioni sull'ispirazione,

sul come si possa trovare l'ispirazione o cosa essa sia.

Ebbene: non esiste una risposta, nessuno è mai stato in grado di dimostrare cosa sia l'ispirazione o del come o perchè agisca.

 

La parola "ispirazione" deve la propria radice a "spiritus" termine molto antico che oggi per poterne trovare il significato primario potremmo definire come "vento"

 

Non è una scelta casuale, ma molto più ponderata di quanto si pensi, il "vento" infatti è invisibile e non può nascere dal punto in cui ti trovi, è sempre qualcosa che agisce dall'esterno verso l'interno.

Se, ad esempio, veniamo colti dal vento mentre passeggiamo in città questo non viene dalla città,

e se stando in casa e aprendo una finestra entrasse del vento questo non verrebbe dalla nostra casa.

 

E' una metafora che evidenzia le proprietà misteriose dell'ispirazione; l'ispirazione è in pratica una "variabile" sconosciuta e di origine sconosciuta, attribuita a fonti più elevate, addirittura divine.

 

Si può credere questo, come pensare che possa anche trattarsi di una funzione del tutto inesplorata della nostra psiche, è indifferente, ma ciò non modifica in nessun modo come essa ci influenza, o come noi dobbiamo porci nei suoi confronti.

 

Sono voluto partire da ciò nella stesura di questo tutorial perchè molte sono le caratteristiche che portano dal nulla al "creare"; l'ispirazione è però l'unico elemento che non può essere in nessun modo controllato:

si può provare a seguirla e vedere dove ci porta fino alla fine, oppure abbandonarla prima deviando da quello che sembra essere il suo percorso:

non può essere "richiamata" può solo essere "colta"

apparentemente non la creiamo noi, semplicemente c'è,

può essere stimolata, ma mai creata dal nulla,

ci fa produrre più velocemente e abbandonarcisi è sempre divertente.

 

Caratteristica dell'ispirazione è il fatto che sembra comunicare con noi in modo personale, se dovessimo personificarla la potremmo vedere come un amico sincero che ci capisce in tutto e per tutto.

A questo proposito, in passato, l'ispirazione ha trovato forma nelle "muse" degli artisti, ma anche nella figura della "Sapienza" del libro dei Proverbi come figura vicina a Dio prima e durante la fase della creazione stessa dell'universo e dell'uomo.

 

Il modo migliore di cogliere il "vento" dell'ispirazione è l'allontanarsene, il discostarsi dall'atto del ragionamento per risolvere i nostri problemi.

 

Ad esempio prendendo una pausa, oppure dedicandosi a un'attività che stimoli maggiormente il fisico più che la psiche.

 

Non è detto che si colga alcunchè, perchè l'ispirazione è un qualcosa di insondabile che risponde solo alle proprie regole, e perchè ognuno ha i proprio tempi e ritmi.

 

Va considerato e ricordato che l'ispirazione non aiuta a creare qualcosa che già c'è, esiste per dare forma a quello che ancora non ha preso consistenza nella realtà.

Su questo magari ci torneremo poi, per ora è importante sottolineare che l'ispirazione, per quanto possa, si, essere uno strumento da utilizzare per raggiungere il nostro obiettivo, rimane al nostro servizio solo fin tanto che noi la si usi per sviluppare qualcosa di realmente nuovo e creativo.

In caso contrario è molto difficile che si possa essere ispirati, e potremmo confonderla con l'euforia e l'emotività di quel particolare momento.

Ma non sarebbe vera ispirazione

 

 

 

* Del ragionare e del pensare

Questi due termini, sebbene spesso usati in modo sbagliato, non vogliono dire la medesima cosa.

Il "ragionare" è l'atto volontario del pensiero volto a risolvere un problema con coscienza.

il "pensare" è l'atto involontario del pensiero volto a risolvere un problema, sia coscientemente ché senza coscienza d'essere.

 

Va fatto questo distinguo poichè nell'atto creativo sono due strumenti che non vanno utilizzati con preferenza verso l'uno o l'altro:

vi sono momenti in cui ragionare può permetterci di superare un ostacolo o uscire da una situazione;

e altri in cui lasciare i comandi al pensiero e all'intuizione automatica senza delle quali difficilmente coglieremmo alcuni aspetti di ciò che stiamo realizzando.

 

Il "pensiero" è qualcosa di vicino all'ispirazione, perchè non può essere controllato, non si può "non" pensare.

Pensare qualcosa crea in noi stupore nel notare che fino a quel momento avevamo ignorato alcuni elementi della nostra causa.

 

Allo stesso modo il "pensare" può essere stimolato con il lavoro manuale o con il prendersi delle pause dai nostri obiettivi; ciò, in soldoni, significa "cedere" il controllo di noi stessi e dei nostri pensieri a un pilota "automatico" con fiducia, ciò permette anche di recuperare preziose energie di cui spesso ci priviamo in modo sconsiderato poichè l'atto del pensare è un modo "ecologico" di operare, e consuma molte meno forze di quanto faccia invece il ragionamento cosciente.

 

 

* Il sistema di attivazione Reticolare

Il "Sistema di attivazione Reticolare" detto più comunemente "SAR" è una funzione particolare della psiche, non è "immaginazione" e non è "concentrazione" sebbene in modo inconscio si "concentri" su un obiettivo e tenda verso di esso con tutto ciò di cui dispone.

 

Capita ad esempio quando iniziamo a valutare l'aquisto di qualcosa, specie se inconsciamente lo consideriamo un passo importante, ad esempio un certo abito, una vettura, un gioiello ecc...

 

In qualche modo dal momento in cui l'informazione "passa" e viene accettata dal SAR iniziamo a notare ovunque quella stessa informazione:

allora se dovevamo acquistare una particolare camicia che a nostra detta "nessuno comperava" e volevamo prenderla per distinguerci dagli altri, inizieremo a notare che, al contrario, la maggioranza delle persone che incrociamo in strada sembra da quel momento possederla.

 

La SAR si lega a informazioni di origine filosofica-ermetica che non intendevo affrontare in questo discorso, tuttavia, è come se l'informazione nella nostra testa riesca ad "attirare" letteralmente, nella realtà, elementi a lei simili.

 

Ciò in realtà è ancora fonte di studi e ricerche che comunque non smentiscono questa possibilità, ma che, chiaramente, necessiterebbero di un "salto di fede" non indifferente per poter essere comprese o abbracciate, perchè ridefinirebbero il nostro stesso concetto di "realtà"

 

Per noi è importante capire semplicemente ciò:

quando ci fissiamo un obiettivo, di fatto, non ci stiamo lavorando solo quando ne siamo coscienti, è più come se un "mondo" dentro di noi iniziasse ad elaborare quelle informazioni di cui abbiamo bisogno per aiutarci a perseguirlo senza intoppi.

 

La nostra testa, funziona che lo si voglia o meno, questo possiamo darlo per scontato, ciò che è meno scontato è che pur cercando di darci il meglio di cui necessitiamo per sopavvivere non è infallibile e i risultati che ottiene sono direttamente correlati al genere di informazioni con cui la nutriamo.

 

Questo è vitale soprattutto nei primi passi della creazione, perchè focalizzarsi su ciò che conta è fondamentale per poter delineare con più chiarezza ciò che cerchiamo di tirare fuori e che, nel mondo oggettivo, ancora non esiste.

 

 

* Determinare il vuoto:

Se avete frequentato istituti d'arte presto o tardi qualcuno avrà posto la fatidica domanda "cos'è l'arte?"

Senza divulgarci troppo l'arte è un'azione che l'uomo compie per avvicinarsi alla propria scintilla divina.

Di fatto si può dire che l'uomo stesso ha necessità di fare arte per vivere, poichè "arte" non è solo il dipingere, ma il mettere a frutto uno o più degli infiniti talenti che possiamo possedere come esseri viventi.

 

Tutto ciò che esiste di contorno, cioè, la vita o il vivere non è altro che il piano di lavoro su cui fare esperienza per ottenere in modo palese o "nascosto" eventuali strumenti che poi ci asserviranno a questo scopo.

 

L'arte presuppone che vi sia un atto creativo, cioè che si crei qualcosa che fino ad allora non esisteva, alla fine quel che si ottiene da tale processo si può riassumere nel termine "arte"

Sia esso un modo di dialogare, o sia un affresco rinascimentale.

 

Nei testi religiosi il primo a "creare" qualcosa è Dio, per questo molti filosofi hanno seguito questa traccia in seguito per poter meglio evidenziare i motivi che spingono l'uomo a creare, e le metodiche atraverso cui farlo; siamo nel 1500, e il punto è:

"Se questa entità onniscente e infinita crea il mondo... dove lo crea esattamente?"

Cioè;

se sei infinito per definizione... Allora dove trovi uno "spazio vuoto" in cui creare questo mondo?

 

Prima di tutto, quindi, questo Dio deve aver creato un "vuoto" da riempire e... Deve comunque essere stato il primo ad averlo fatto.

 

Ma cos'è per l'uomo il corrispettivo meno divino di questo "vuoto" ?

 

Proviamo a osservare la nostra situazione attuale:

in questo momento, siamo felici di ciò che ci circonda?

 

Molti direbbero "devo essere grato per ciò che possiedo perchè c'è gente che sta peggio di me, o che ha meno di me" ma... non è questa la risposta che cerchiamo, con sincerità assoluta e in modo netto e chirurgico:

siamo davvero felici?

 

Se lo siamo, allora non possiamo creare alcunché; essere contenti, infatti, vuol dire che "ci sta bene così"

"con-tenti" cioè "con-teniamo" ciò che c'è, lo manteniamo tale e ci sta bene che così sia, ci limitiamo a con-siderare quel che già esiste e ne godiamo.

Adamo ed Eva nell'Eden, così come li avrebbe voluti Dio.

 

Se ci riflettiamo pur non sapendo cosa ci succederà domani, o cosa vedremo, o chi incontreremo, una cosa è sicura, il mondo cambierà e potenzialmente conosceremo cose nuove che fino ad oggi non esistevano.

 

Ciò significa che "il mondo" non è affatto "tutto qui", non è ciò che ci limitiamo a con-siderare, è qualcosa che va al di là di quell'Eden e da cui, essendo fatti a "immagine e somiglianza" di Dio dobbiamo esserne attratti in qualche modo.

 

Quando ci si accorge di questo è perchè stiamo vedendo qualcosa che non trova posto qui, oggi, significa che vediamo dentro di noi un elemento che magari non siamo ancora in grado di definire, ma che osservando al di fuori, non nella nostra vita, ma, nel mondo stesso, non siamo in grado di vedere.

 

In quel momento si crea un "vuoto" cioè una mancanza nel sistema (il termine Mondo, da "Mundus" cioè "sistema / sistema chiuso") e sempre in quel momento iniziamo ad avvertire meno con-tentezza, perchè è come se fossimo d'un tratto un pò più alieni rispetto agli altri.

Siamo con-tenitori di un grande segreto che non possiamo mostrare al mondo, perchè non esiste ancora nulla che lo possa indicare fuori, ma che trova una propria collocazione non qui, nel presente, ma più in là nel futuro, o meglio ancora nel "divenire".

 

Accorgersene è il primo passo della fase creativa, ma è anche una fase particolarmente delicata poichè che in noi si senta questa mancanza è indubbio, tuttavia non bisogna guardare troppo "nell'abisso" per non esserne inghiottiti.

 

Come visto nei punti precedenti la nostra mente tende a operare sulla base delle informazioni che vi inseriamo, per cui non è utile pensare troppo a questo vuoto, anzi, è assolutamente da evitare, così come insegna Micheal Ende ne "La storia infinita" o in "Momo"

 

Infatti, nell'istante in cui ci accorgiamo di questo vuoto, vuol dire che quel vuoto si è indubbiamente manifestato qui nella nostra realtà, ora sta a noi riempirlo, ma per farlo non possiamo considerare come obiettivo solo ciò che vediamo, perchè anch'esso è con-tenuto nel nostro mundus.

 

Occorre iniziare a "de-siderare" cioè a tendere le proprie attenzioni, la propria mente e le proprie energie al di là di ciò che conosciamo, focalizzandoci su quell'idea che apparentemente ci è balenata in mente, anche senza troppa forma, non è importante, abbiamo colto di essa solo alcuni aspetti ma non sono di certo gli unici.

 

Questa deve essere, in pratica, la nostra fede, credere nell'idea e in noi stessi senza dubbio che questa cosa esisterà da qualche parte un giorno e che noi la si possa aiutare ad emergere anche qui, partendo da adesso.

 

Il pensare agli ostacoli, rafforza gli ostacoli,

il concentrarsi sul nostro insuccesso, favorirà il nostro insuccesso,

più si teme il "nulla" più questo inghiottirà tutto il resto, inclusa la principessa bambina, che rappresenta il nostro "cuore puro" e la capacità innata di poter desiderare ciò che attualmente è ancora solo frutto dell'immaginazione.

 

E' importante soffermarci sul concetto di "Principessa Bambina" perchè i bambini sono fondamentali.

 

Non si può creare nulla che in qualche modo non sia affine a noi.

Non si crea nulla se dopo aver letto un libro o visto un film volessimo replicare qualcosa di simile perchè spinti da una falsa ispirazione che crediamo di aver colto in quel momento.

 

Ciò che creiamo lo creiamo solo quando in qualche misura è già parte inespressa di noi, per questo a noi è dato modo di vederlo e ad altri no.

 

Nel nostro caso, ad esempio, si tratta di creare videogames:

ebbene, non cerchiamo l'idea perchè insoddisfatti di altre situazioni della nostra vita,

prima risolviamo quelle, poi niente ci impedirà di creare qualcosa di nostro.

 

Per noi creare non vuol dire aver visto un nuovo videogioco da un amico e voler fare qualcosa di simile, semmai è già l'avere qualcosa di simile in testa e vedere che il SAR ha condotto a noi quello specifico videogame ciò che andrebbe notato.

 

E' importante capire la sostanza di cui siamo fatti;

se siamo cresciuti con un particolare genere indirizziamoci verso QUEL genere, non facciamoci cogliere da passioni nate da esperienze contemporanee perchè queste non sono ciò che il nostro "bambino" sta cercando, e neppure fonte di reale ispirazione.

 

Quest'ultima ci coglie solo quando siamo allineati con i nostri più profondi interessi e desideri, può portarci a compimento solo quando anche la nostra parte più intima e bambina è d'accordo; allora la magia si compie, in ogni altro caso... No.

 

Per questo ho parlato della "SAR" in primo luogo; il SAR è un radar, se noi lo si tara sul vuoto otterremo il vuoto e sempre più strumenti per accrescere questo vuoto; anche se apparentemente noi potremmo pensare che le nostre idee staranno progredendo nulla è più distante dalla realtà, ci stiamo programmando per allontanarcene, e le ragioni possono essere innumerevoli e personali, sta a noi notarle e valutarle, e a volte potrebbero volerci anche anni.

 

 

* Separare il cielo dalla terra

Quando in noi si è iniziato ad avvertire questo senso di "mancanza" occorre iniziare a "ordinare" le idee, in questo senso dobbiamo separare quel che è "cielo" (cioè, divenire) da "terra" (cioè il presente)

 

Mettersi dei paletti è importante, porsi dei limiti permette di focalizzare sempre più i nostri intenti in una direzione precisa.

 

Tutto questo serve a "delineare" meglio i profili di ciò che andiamo cercando, ma è necessario porre attenzione su ciò che facciamo e porsi i limiti giusti.

 

Non c'è qualcosa che oggettivamente non possiamo fare, imparare un nuovo tool per esempio, o un linguaggio a noi sconosciuto, a patto di crederci e a patto di non fingere con noi stessi né di cercare risultati per forza in tempi brevi.

 

La questione è che spesso noi sentiamo l'impellenza di mettere al mondo qualcosa di nostro e tendiamo a dimenticare che quel qualcosa ha bisogno di tempo e di dedizione.

 

Va bene focalizzarsi sui propri obiettivi, ma ogni nostro gesto acquisisce forza e importanza in base anche al sacrificio che siamo disposti a compiere per avvicinarci a lui di un qualche passo.

Ciò vale per tutto, non solo per il nostro specifico caso.

 

E' un pò come Phoenix Wright e il suo dogma abituale del dover credere nel proprio cliente:

per noi vale lo stesso, non si può cedere all'ispirazione senza crederci ciecamente,

non ci si può abbandonare al pensiero involontario se non si crede di poter cedere totalmente l'illusione che il "controllo" cosciente esercita in noi.

 

Il sacrificare qualcosa non è un sacrificio a vuoto, stiamo sacrificando qualcosa che possediamo per poter ampliare lo "spazio" necessario alla nostra idea per dispiegare le ali e spiccare il volo.

 

Se non siamo pronti a sacrificare nulla, vuol dire che non stiamo realmente creando e che stiamo solo emulando qualcosa visto da altri, magari per non essere esclusi dal gruppo, l'energia non può stagnare, se ci fermiamo qui può nascere solo qualcosa di morto.

 

Il sacrificio, cioè "fare il sacro" significa votare sè stessi in favore di un "centro" verso cui stiamo tendendo, se questo ci spaventa possiamo intenderlo come un "cambiamento" e non come una perdita, tuttavia, anche il "cambiamento" è per forza di cose un elemento atavico di cui l'uomo ha paura.

 

Nell'atto della creazione noi tutti stiamo riscoprendo la nostra scintilla divina, non dobbiamo considerarci come sempre fatto, non ci si può spaventare e dire "non ce la si può fare"

Certo, non possiamo sempre farlo "ora"

ma se quel qualcosa batte dentro di noi sta solo prendendo tempo, sta solo aspettando un altro momento per riemergere.

 

Se potessimo aiutare una farfalla a uscire dal bozzolo questa non potrebbe volare, perchè il tempo e l'impegno necessari a lei per forare la propria "gabbia" e distaccarsene sono ciò che le permette di sviluppare i muscoli che le consentiranno di vivere da farfalla.

 

Tutto ha bisogno di tempo, di sacrifici, se vuole cambiare in qualcosa di diverso e (per definizione) stra-ordinario (cioè "oltre" quello che già c'è).

Se il "sacrificio" non fa parte di noi, ci stiamo accontentando, e non si può essere più lontani dalla creazione di ciò che già esiste e di cui tutti possono già godere.

 

 

* L'autonomia del mondo e del pensiero

Anche per chi crea, come noi, questi "abbandoni" al sacrificio e agli automatismi di cui dispone sono necessari, poichè v'è un momento, quando l'idea sta prendendo forma, in cui le cose sembrano agire per conto proprio.

 

Ogni idea nuova è come il frammento di un puzzle, noi possiamo cogliere solo quel pezzo, ma intorno, a nostra insaputa, vi sono migliaia di tessere che compongono un'immagine ben più complessa e articolata di ciò che in quel momento ci è dato cogliere.

 

Sempre, quando creiamo, a un certo punto le cose è come se fiorissero da sole, come se non fossimo noi i creatori di quel mondo ma più che altro degli "esploratori"

I personaggi delle nostre storie si ribellano, gli eventi cambiano in corsa in modo naturale e inaspettato.

Tutto ciò è ovviamente sempre fonte di frustrazione per chi crea, ma spesso anche soddisfazione, e stupore per la piega che prendono le cose.

 

Noi partiamo con un'idea, poi, non siamo sempre noi a svilupparla ma è lei stessa a mostrarci le proprie qualità di cui, inizialmente, eravamo all'oscuro.

 

Queste caratteristiche sono il segnale che l'atto creativo è in piena, senza delle quali non esisterebbe neppure il supporto dell'ispirazione.

 

Alle volte però, soprattutto se possediamo un carattere forte o un certo egocentrismo fatichiamo a cedere al progetto una propria autonomia, vogliamo poter scegliere costantemente pensando di sapere cosa sia bene e cosa no; questo frena inesorabilmente il processo creativo, è un ostacolo, e non una risorsa.

 

E' meglio abituarsi a vedere le proprie creazioni non come frutto univoco della nostra fantasia e delle nostre capacità; sebbene queste ultime non siano messe in dubbio è preferibile abituarsi al paradigma che l'idea non nasce da noi, ma sia più un "vento" di futuro che abbiamo potuto cogliere in un particolare momento della nostra vita.

 

Non è qualcosa che serve a noi per farci più belli e forti davanti agli altri, ma elemento di un "divenire" che è giunto fino a noi, qui, perchè cambiasse lentamente (e in co-operazione con tutto il resto) l'aspetto attuale del mondo.

Non dobbiamo essere arroganti, non possediamo noi quell'idea, al contrario, dobbiamo essere grati di quel che succede, poichè in qualche modo il "tutto" ci ha scelto per potersi ampliare, e in breve ci ha resi ambasciatori di questa nuova nascita.

Tutto quel che viene trattenuto da una qualche forma di controllo, invecchia e muore. Così accade alle nazioni, le idee e l'uomo.

La vita, al contrario, non invecchia, la vita cambia nel corso di altre innumerevoli vite, e con il loro sostegno.

 

Questo è un modo di pensare decisamente filosofico, tuttavia non è del tutto sbagliato.

E' senz'altro giusto amare e adorare il nostro lavoro, infatti, ma anche saper lasciare i giusti spazi perchè si esprima come un'entità libera dalle nostre convinzioni, e dunque viva.

 

Troppo controllo e pressioni soffocano la nostra vena creativa, o la stessa creazione nell'atto di esprimersi, è bene ricordare che non è una gara, men che meno una prova di forza con noi stessi e con gli altri;

se crediamo realmente in ciò che facciamo, quello che facciamo saprà ricompensarci con la stessa dedizione che noi gli abbiamo infuso;

siamo i suoi padri, questo è certo, ma non siamo "padroni" di nessuna idea.

 

Non si crea per fregio personale, si crea perchè ne sentiamo la necessità, e questo non si spiega con i guadagni relazionali o economici, né con la mera vanità umana.

L'atto di creare è qualcosa che fa parte di noi come il respirare e il pensare, non va confuso come qualcosa che solo noi possiamo fare e per il quale andremmo premiati.

 

Se si indugia troppo su questo pensiero avviene l'esatto contrario, e non sarà difficile accorgersi che qualcun altro avrà realizzato ciò che avremmo potuto già fare noi.

A quel punto spesso diciamo "mi ha rubato l'idea" ma... Sarà davvero così?

 

Oppure l'idea già c'era e ciò che è venuto a mancare è stato il nostro supporto incondizionato nei suoi confronti?

 

Amiamo realmente quello che scegliamo di fare? O piuttosto lo facciamo per emulare qualcuno che ci sembra più felice, fortunato o famoso di noi?

Perchè scegliamo di fare quello che scegliamo di fare? Cosa ci spinge a farlo?

 

 

 

* Stelle e luminarie

Il nostro obiettivo è il nostro sole,

è la nostra luna,

è tutto ciò che deve attrarci e a cui siamo devoti.

 

Se nella nostra testa vi sono altri interessi è bene metterli da parte per il periodo necessario, al giorno d'oggi il poco tempo e gli impegni costanti sono un continuo minare il nostro cammino e la nostra "fede" nei confronti di ciò che andiamo a creare.

 

Non va messa in disparte per dare spazio a pensieri più "abitudinari" più vi si pensa e meglio è per lei.

L'attenzione può veicolare un'energia inarrestabile quando la si indirizza in un punto soltanto, per fare ciò, va chiuso fuori tutto il resto.

 

Per questo alle volte si può recuperare energia e concentrazione dedicandosi ai lavori manuali, perchè il fisico opera in modo meccanico, senza dover per forza intrappolare la mente in pensieri di poco conto.

 

Credere ciecamente in qualcosa vuol dire "crederci" davvero,

vuol dire non abbandonarlo mai, in questo senso deve essere il faro che guida i nostri pensieri.

 

Questo non vuol dire che ci è preclusa qualunque altra attività, ma che queste vanno sfruttate come spazi per ragionare sulle nostre idee, o sfruttate come punti di vista nuovi da cui osservarle e provare a dar loro nuovi slanci.

Quando parliamo con gli altri distogliamo l'attenzione dall'individuo che ci parla e domandiamoci "questo come può aiutarmi?"

Immaginiamo che ci stiano semplicemente dando delle informazioni utili ai nostri scopi, (inconsapevolmente) e cerchiamole in ciò che viviamo, estraiamole e troviamo loro nuove collocazioni, e nuovi utilizzi:

tutto può fungere da strumento.

 

Nel cielo ci sono infinite stelle, questo vuol dire che ci sono infinite idee e infiniti nuovi talenti; ciò che stiamo creando non è differente dagli altri, non è realmente "speciale" è qualcosa che merita di esistere ma che potrebbe non distinguersi nel cielo.

 

Non dobbiamo preoccuparci delle altre stelle, ma solo della nostra, se vogliamo farla brillare più degli altri astri dobbiamo sostenerla con tutto noi stessi.

 

Ciò presuppone che combatteremo contro ogni sorta di ostacoli, e che dovremo fare innumerevoli sforzi e sacrifici, quindi, in ogni momento cerchiamo di ricordre il perchè lo stiamo facendo.

 

Se quel qualcosa per noi è davvero importante, allora per quanto alcune decisioni possano essere sofferte le potremo contenere e andare avanti;

se, invece, abbiamo un tentennamento proviamo a chiederci allora cosa conta realmente per noi nella vita, cosa siamo disposti a cedere in cambio perchè quel qualcosa emerga sulla superfice del mondo.

 

Non tutti sanno creare, tutti possono ma, nel mondo di oggi, si è dimenticato come si fa, e si tende a dire che la fantasia sia un "dono"

Non è così, ma se ci sono cose che reputiamo più importanti, allora è meglio iniziare a farsi delle domande, anche a costo di ricevere risposte che non sempre possono piacerci.

 

E' indispensabile per capire chi siamo e quanto di noi siamo in grado di cedere per ottenere qualcosa in cambio.

 

Creare non è qui, è qualcosa che viene dal futuro, che non esiste qui, e non può essere colto qui.

 

E' una terra di mezzo in cui ci è stato concesso di muoverci e cogliere degli elementi,

è frutto di fatica e costanza,

ma è anche qualcosa che dona energia, soddisfazioni e gioia.

 

Se quando dobbiamo operare una scelta ci fermiamo solo a soppesare il passato e il presente, e gli aspetti negativi del perdere o del cambiare aspetti di noi e della nostra vita, non ci potremmo mai muovere di un passo in avanti verso i nostri obiettivi, né faremmo nulla di utile affinchè quel futuro possa manifestarsi davanti a noi.

Serve costanza,

serve sacrificio,

serve dedizione.

 

Senza questi elementi... è meglio che lasciate perdere e che indirizziate i vostri interessi su qualcosa che già esiste.

Chi si accon-tenta gode, infatti, ma non è sempre lo scopo per cui viene al mondo.

Tutto sta nel capire che genere di individui siamo, e quali sono le passioni che fanno nascere in noi nuovi progetti.


Modificato da Martin Ginrai, 08 March 2018 - 19:04 PM.

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<<Crede che riuscirà a rispettare un marito che, forse, ha preso la più grossa cantonata scientifica di tutti i tempi?>>

.

..

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.

L'arte é la costruzione del tempio, dove lo Spirito, in virtù del simbolo, del rituale e della geometria sacra, può dimorare costantemente[...]

 

Vitriol

 

 

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- Il pandoro ci annienta...-


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#2 Inviato 29 January 2018 - 20:45 PM

Sicuramente un tipo di tutorial che non si legge spesso.

 

Ci sono molti concetti che avevi riproposto immersi in altri lunghi post, è un bene vederli così più estesi, anche se non per tutti è possibile, o raggruppati e sul focus della creazione.

(Aw il termine principessa bambina! XD).

^ ^

 

Pensi di aggiungere altro? Dal titolo sembrava un qualcosa più focalizzato sull'atto creativo e sui passi che si compiono mentre si crea, ma pare più se non una premessa qualcosa che espone gli strumenti di base.

^ ^


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#3 Inviato 29 January 2018 - 20:48 PM

Sì davvero, ora tutti i concetti sono insieme e non sparpagliati. E al solito molto interessanti.

 

Mi ritrovo in tutto, quando ho sentito quel vento.

Ora purtroppo...


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#4 Inviato 30 January 2018 - 00:42 AM

Bello.

Probabilmente più utile di 50 tutorial tecnici su come fare il battle system di turno.

 

Bravo.


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    Martin Ginrai
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#5 Inviato 19 February 2018 - 16:17 PM

Tutorial di stampo psicologico e filosofico-ermetico sul come fare: Scheda aggiuntiva

 

Ieri sera stavo parlando con un suricato on-line che bazzica da queste parti, e si sono affrontati vari argomenti, tra cui alcuni accenni a questo tutorial: da qui ho notato che alcuni aspetti di ciò che ho scritto potrebbero essere fraintesi o non del tutto chiari, per cui ho deciso di aggiungere una piccola dispensa chiarificatrice.

 

In particolare questa aggiunta riguarderà due accenni del topic precedente, nello specifico:

 

1:

Nel nostro caso, ad esempio, si tratta di creare videogames:

ebbene, non cerchiamo l'idea perchè insoddisfatti di altre situazioni della nostra vita,

prima risolviamo quelle, poi niente ci impedirà di creare qualcosa di nostro.

 

2:

Il sacrificio, cioè "fare il sacro" significa votare sè stessi in favore di un "centro" verso cui stiamo tendendo, se questo ci spaventa possiamo intenderlo come un "cambiamento" e non come una perdita, tuttavia, anche il "cambiamento" è per forza di cose un elemento atavico di cui l'uomo ha paura.

 

 

Scheda uno:

* Stress, Eustress e Distress, differenti facce della stessa medaglia:

In genere quando viviamo in prima persona una situazione stressante lo esterniamo affermando che siamo stressati.

Ma, nello specifico, noi siamo sempre stressati;

lo stress infatti è una condizione fisiologica indispensabile all'uomo per poter compiere anche il minimo movimento.

 

A sua volta, si tratta di un fenomeno interno che può identificarsi in due tipi: questi si chiamano

"Eustress" e

"Distress"

 

L'eustress è lo stress cosìddetto "positivo" è quella riserva di energia che viene utilizzata durante il giorno e di cui non se ne soffre il peso.

 

Il Distress è lo stress "negativo" cioè l'accumulo di tale energia oltre i limiti di quella che normalmente impiegheremmo per svolgere le nostre azioni. (può questa essere un lavoro, una sessione di studio ecc...)

 

Per cui, quando noi diciamo "Stress" in realtà vorremmo indicare solo la sua componente "negativa" dimenticando che in sé lo stress è un fenomeno ben più complesso, e indispensabile per vivere.

 

Il Distress funziona un pò come un sistema di difesa, o una batteria ausiliaria:

ad esempio, nel caso noi si abbia bisogno di ottenere prestazioni maggiori, il corpo si "stressa" cioè inizia a produrre e accumulare energia, in modo da poterne usurfruire immediatamente.

Così facendo ne risulterà che tutte le nostre funzioni saranno accelerate:

da quelle visibili, come la frequenza respiratoria, o cardiaca,

ma anche quelle INvisibili, come la rigenerazione dei tessuti o la vivacità mentale.

 

Quando siamo stressati il corpo produce di più, le unghie e i capelli crescono più rapidamente, le ferite si rimarginano ecc...

ovviamente questo è correlato alla comune capacità del singolo individuo, e alle risorse personali a cui può accedere.

 

Non è comunque una condizione "normale" il Distress logora l'organismo, per cui la sovra-produzione di succhi gastrici, ad esempio, potrebbe portare a un reflusso degli stessi, con conseguenti disagi per l'organismo;

e più il corpo è sottoposto a una condizione esasperata, più soffrirà un feed-back negativo non appena la situazione che necessitava tale aumento di prestazioni si normalizzerà, questo porta a uno spossamento fisico e mentale per essere stati sotto sforzo continuo, con conseguente abbattimento delle nostre difese immunitarie. 

 

Lo stress oltre ad essere un fenomeno fisiologico, (cioè atto alla produzione di sostanze biologiche nel nostro organismo) è anche un fenomeno strettamente legato alla sola psicologia dell'individuo.

 

Ciò vuol dire che quando il fisico è stressato, si verificherà la condizione per cui la mente penserà che noi si è stressati.

E all'inverso, quando la nostra mente penserà che noi si è stressati, questo porterà a un effettivo stressamento del fisico.

 

Quando il fisico accusa un disagio, la mente ne è subito consapevole.

Ma ciò che è importante è che serve che la mente si concentri più volte rafforzando un pensiero di disagio, perchè questo influenzi nel tempo anche il fisico.

 

La nostra mente, infatti, crea la nostra realtà, così come la percepiamo; tuttavia, mentre un pensiero è qualcosa di "immediato", la realtà ha bisogno di tempo per "fissarsi" in uno specifico stato.

 

Non basta pensare "Io sto male" una volta per sentirsi a disagio, ma più si rafforzerà quell'idea, e più il corpo reagirà di conseguenza portandosi a poco a poco in una condizione di disagio.

 

Ci si starà chiedendo il perchè di questa lunga spiegazione sul fenomeno dello stress, e di come questa possa esserci utile nei fini della creazione; è presto detto.

 

Si è parlato di "ispirazione"

ebbene, l'ispirazione non arriva se noi si è sottoposti a una condzione di distress.

 

Questo è importante da capire, perchè abbiamo visto che possiamo "creare" qualcosa di valido solo se abbiamo l'ispirazione dalla nostra.

 

Per cui... qualora nella nostra vita siano presenti situazioni che ci pongono costantemente in una situazione di disagio, sarà meglio risolvere prima tali questioni irrisolte e solo poi concentrarci sul nostro obiettivo.

 

Non vuol dire che se siamo "stanchi" non possiamo comunque ricevere un'ispirazione, ma ciò solo se ci concentriamo sul nostro obiettivo.

Facendo quello che ci piace, o in cui ci identifichiamo, la mente si rilassa; restiamo stressati fisicamente, ma mentalmente possiamo astrarci comunque dai problemi e dai disagi "fisici"

In questo modo è possibile essere colti ugualmente da "ispirazione"

 

E non è solo una questione legata al rilassamento, ma più a una reale astrazione dei nostri pensieri dalla realtà.

Per fare un esempio:

E' un pò come se qualcosa in noi si concedesse di dire "Ok, va bene, queste sono le cose che vedo, questa è la realtà, ma... questo è l'unico modo di vederla?"

 

Allora, i tuoi pensieri alla ricerca di questa informazione, si elevano sopra la realtà, e la esplorano in aspetti che prima non ci si concedeva di vedere.

Perchè possiamo farlo?...

Probabilmente perchè la realtà che noi vediamo è già una semplificazione e un'astrazione di quella reale;

non c'è niente di reale, infatti, nel pensiero, niente di tangibile.

Pensare di toccare un gatto non vuol dire che tu lo tocca nella realtà, ma per il tuo cervello, ciò che apprende e rafforza da questa esperienza è uguale che se tu lo facessi realmente.

La mente mente, il nostro cervello crede nei pensieri, per questo il pensiero giusto al momento giusto può fare miracoli per noi.

Un individuo che disegna cosa sta suggerendo al proprio cervello?

Sicuramente disegna per diletto, o per motivi propri, ma non sta forse cercando di riprodurre una realtà su carta? O su tela?

Non sta forse suggerendo alla propria mente di desiderare quell'astrazione?

 

Ecco perchè ispirazione e arte sono correlati molto spesso.

Certo non è l'unico modo per essere colti dai venti delle ispirazioni ma... l'arte è un ottimo modo di astrarre la realtà.

 

 

Detto ciò, si può utilizzare il nostro obiettivo come soluzione ai problemi personali?

In alcuni casi, si.

 

Ma non è una decisione che dobbiamo prendere sull'onda della disperazione, deve essere una conseguenza naturale del nostro "vivere"

 

In quel caso, infatti, il "creare" non sarà più l'obiettivo, ma solo la "conseguenza" di aver risolto il nostro problema,

ed essendo "la risoluzione del problema" il nostro obiettivo, l'ispirazione qualora arrivi si riferirà a questo, e non al "creare" qualcosa di nostro.

 

Ciò ci porta alla seconda scheda:

 

 

 

Scheda due:

*L'ispirazione per cambiare, il sacrificio e il significato del gesto.

Se rileggiamo quello che ho scritto nel primo topic sull'ispirazione troviamo questa frase:

 

Va considerato e ricordato che l'ispirazione non aiuta a creare qualcosa che già c'è, esiste per dare forma a quello che ancora non ha preso consistenza nella realtà.

 

Quello che poteva trarre in inganno era il contesto in cui era inserita.

Stiamo parlando di "come si crea" e lo stiamo facendo in un forum di Making, infatti,

per cui l'associazione "creare per il Making" è sottointesa,

eppure... Io non ho mai specificato che creare sia sinonimo di "Makerare"

né che si riferisca al solo produrre "arte"

 

Senz'altro, in questi campi l'ispirazione è vitale, tuttavia l'affermazione in alto recita "esiste per dare forma a quello che ancora non ha preso consistenza nella realtà"

e cioè...

Una nuova realtà.

 

L'ispirazione inserita in questo contesto funge da "quid" per creare il divenire,

per passare da quello che ora è presente, a quello che è il futuro.

Insomma, si potrebbe definire come molti filosofi hanno fatto prima di me, un "nuovo mondo".

 

Nel quote in alto (punto 2) ho estrapolato un concetto legato al "sacrificio" che va spiegato un minimo per poter essere compreso.

 

Il sacrificio, cioè "fare il sacro" significa votare sè stessi in favore di un "centro" verso cui stiamo tendendo, se questo ci spaventa possiamo intenderlo come un "cambiamento" e non come una perdita

 

Il cambiamento spaventa tutti; questo dal momento che quando nasciamo è per noi uno shock fortissimo, e in quell'occasione impariamo che cambiare fa male.

Sono una manciata di secondi, o in alcuni casi, minuti o ore, che ci condiziona comunque per tutta la vita, portandoci a diffidare dal cambiare quello che abbiamo o che siamo.

Cambiare fa "paura" sempre e comunque, ma... la "paura" è anche quella che ti tiene in vita.

 

Il motivo è semplice, la nostra testa sa che in questo momento (e per te che leggi, anche in questo momento) siamo vivi, e di conseguenza,

tutte le esperienze precedenti, anche le più rischiose o le più dolorose, diventano una "condizione" che lei valuta come necessaria per poter spiegare il fatto che siamo ancora vivi.

 

Per questo la mente è restìa a cambiare qualcosa, qualunque cosa, dando ad ogni elemento ed esperienza un certo ordine di importanza e di valore.

Se cambi, rischi SEMPRE di trovarti nella possibilità di morire.

 

Ciò, però, non impedisce di cambiare le piccole abitudini, come gli abiti, o gli atteggiamenti;

nè di acquisire nuovi beni materiali, o ristrutturare una casa, o riarredarla. Sebbene siano tutti cambiamenti anch'essi, la mente li valuta in base alla propria esperienza e li concede (o meno) alla coscienza e alla libertà personale che ha ognuno di agire.

 

 

Tuttavia...

Esistono anche casi in cui la persona può avvertire i cambiamenti, (anche i più piccoli) come ostacoli insormontabili: in quel caso però è bene sapere che siamo sull'orlo dell'ossessività, e cioè dell'incapacità, non tanto di "cambiare la realtà"

ma proprio la facoltà di "cambiare" un semplice pensiero, e immaginare una cosa diversa da come è adesso.

 

Lo sforzarsi, poi, di pensarlo pur soffrendo di questa ossessione porta allo stress, e a una reazione violenta dell'individuo.

Osservatevi e rifletteteci.

 

 

Quando abbiamo un progetto, cioè una direzione da seguire, di colpo è come se tra di noi e questa "idea" si creasse una "strada" che prima non esisteva, non la vedevamo.

 

Difatti, per noi, non esisteva neppure l'idea:

ma è dal momento che ci è dato modo di scorgerla che si inizia a dipanare anche un percorso che parte da noi e termina in essa.

 

Vuol dire, che a quel punto possiamo percorrere quella direzione, però...

 

Attenzione!

 

Poichè per farlo serve comunque prepararsi agli eventuali ostacoli che potremmo incontrare nel nostro cammino.

 

Ora, alcuni di questi, è facile che noi già li si conosca:

ad esempio: se io devo fare un videogame ma non so comporre musica, saprò fin da subito, che nel momento in cui inizio a percorrere quella strada, presto o tardi dovrò fare qualcosa che non ho mai fatto prima.

E potrei esserne in grado come no.

 

Ma molti altri ostacoli non possiamo vederli, perchè non sono già "qui"

Li definiamo pro-blemi, che vuol dire, letteralmente, dei "simboli" che si pongono "più avanti"

all'interno del nostro percorso di crescita e di realizzazione dell'obiettivo.

Più avanti, nel tempo.

 

Non possiamo vederli, essendo noi nel presente, possiamo solo pensare che ci saranno,

ma

qual'è il motivo per cui questi problemi emergono nel nostro percorso a poco a poco intralciandoci nel conseguimento del nostro scopo?

 

Ebbene... Il motivo è questo:

 

la realtà, così come la vediamo, è direttamente correlata a quello che in primo luogo noi "siamo"

Cioè, sono le nostre esperienze, il nostro vissuto, che ci permette di interpretare la realtà,

ciò può essere fatto in infiniti modi, ma possiamo vederne all'opera solo una alla volta (A.Einstein)

 

Di conseguenza se noi cambiamo, quello che cambia è il modo di porci davanti alla realtà,

e per questo, osservandola con nuovi occhi scorgiamo nuovi scorci che prima non potevamo con-siderare.

 

In tutte le culture, per dire quant'è radicato questo pensiero, viene rappresentato ciò con l'uccisione di genitori, parenti, o con la nascita di bambini che diventano la generazione del futuro.

 

Che siano i miti greci (Cronos divorava i suoi figli, finchè uno di questi, Zeus, non nasce e lo uccide"

O il cristianesimo, sia con la morte di abele (creatore di recinti) per mano di Caino (esploratore del mondo)

o con l'esodo del popolo ebraico attraverso il deserto, alla ricerca della "terra promessa" che però sarà popolata dalle nuove generazioni, solo i giovani, infatti, potranno poi entrarci.

 

Provare a cambiare, in pratica si riconduce al cercare di osservare le cose come nuovi individui, per l'appunto "nati" dall'uccisione (metaforica) del nostro precedente io.

 

E avviene ogni volta quando scegliamo di intraprendere una strada per "creare" con le nostre mani una nuova realtà, una nuova storia in cui essere protagonisti.

Una realtà dove non siamo più afflitti dai nostri problemi,

oppure, una realtà dove la nostra arte ha preso forma,

 

Quella che ci circonda adesso, è "LA NOSTRA realtà" quella attuale, quella di adesso,

e cambiare qualcosa all'interno di essa, vuol dire "cambiarla" anche e soprattutto se quel qualcosa siamo noi.

 

Il senso della cosa è che se vogliamo raggiungere il nostro scopo, sappiamo già che la realtà cambierà di conseguenza, non sappiamo il come lo farà,

ma di certo possiamo già dire ora che, quello che sarà il nostro futuro, è diverso dal presente che viviamo;

 

per cui si può "aiutare" questo processo di cambiamento iniziando a cambiare la cosa più vicina a noi:

cioè...

noi.

 

Non è indispensabile, sebbene in alcuni casi possa diventarlo;

e non è indispensabile, perchè in qualche modo, se la nostra nuova realtà prenderà forma un giorno,

per farlo noi saremo già cambiati con lei per vederla,

 

altrimenti non la vedremmo.

 

 

Per la nostra mente, noi non siamo un nome, e non siamo un maschio o una femmina,

siamo più un insieme di variabili.

E tutto ciò che ci circonda, è in realtà il "codice" che ci fissa in quello stato in cui siamo.

 

Alterare il codice con cui siamo scritti, vuol dire ottenere in noi un risultato differente.

E questo è il senso del sacrificio.

 

Cioè un gesto che viene fatto, nel limite delle proprie possibilità, come "atto di fede" nei confronti della nostra meta, e che servirà a cambiare più rapidamente, e in nostro favore la realtà.

 

A volte è un sacrificio consapevole, e altre volte viene fatto inconsciamente e solo poi ci si può accorgere che è servito realmente.

 

E' importante da comprendere, perchè non è un gesto fatto "così tanto per..."

ma anzi, intriso di una profonda e significativa filosofia di fondo, che si sposa con le conoscenze di tipo spirituale e quelle di tipo fisico.

Non tutti sono "capaci" di sacrificare qualcosa o anche tutto sé stessi, ma... sacrificarlo è un cambiamento, e la realtà lo cambierà comunque, prima o poi.

Abbiamo più energia, più "motivazione" quando perdiamo qualcosa di vicino a cui non avremmo voluto rinunciare, questa "perdita" voluta da noi focalizza la nostra concentrazione, e ci permette di avvicinarci all'obiettivo più rapidamente e imparando di più.

a ESSERE di più, perchè prima il radicare noi a qualcosa che è già noi... non ci permette di "Essere" di più, solo di "Avere" di più.

 

Alle volte mi si chiede se non è possibile, però, lasciare invece tutto così com'è e ignorare la possibilità di forzare un cambiamento.

 

La risposta è "Si, si può lasciare tutto com'è"

quel che va però tenuto conto è che noi la lasciamo com'è, ma la realtà risponde ad altre leggi,

e la realtà cambia di continuo, evolve in nuovi stati, costantemente.

Non serve essere filosofi per capirlo, basta guardarsi intorno, cambiano le persone, le mode, i programmi, i lavori, la moneta, la politica, lo sport, le famiglie, i valori che abbiamo attribuito alle parole, i significati, i simboli, i riti, le malattie, i continenti, le maree, il clima, la tecnologia, ecc ecc ecc...

 

Se noi restiamo ancorati a una sola realtà, con le nostre fisse, e i nostri pensieri, a un certo punto quella si sgretolerà senza che noi si possa fare nulla per impedirlo;

e prima che questo avvenga, soffriremo un "abbandono" da parte della realtà stessa, perchè ci costringiamo noi a restare fermi dove siamo, mentre lei ha la necessità di andare avanti.

 

"Chi mi ama, mi segua" diceva un tale, che vuol dire "chi crede in quello in cui credo io, provi a venire qui, dove sono io"

I giovani di oggi, saranno i maestri di domani, ma solo se proveranno a esserlo realmente.

 

Certo...

Non vuol dire iniziare a sacrificare tutto ciò che abbiamo o che normalmente facciamo,

è più...

Iniziare a contemplare quella possibilità di cambiamento che andando avanti si concretizzerà comunque in alcuni aspetti, e forse non saremo qui per vederli... ma anche in tutti gli altri.

 

Oggi la nostra realtà è questa perchè noi siamo questo,

perchè vestiamo così,

e perchè parliamo così,

e perchè pensiamo così;

 

è questa perchè intorno a noi ci sono le cose che abbiamo acquisito, attraverso la compra-vendita, oppure attraverso esperienze di tipo affettivo, o educativo.

 

Ma tutto questo fa sì che la realtà sia questa.

la NOSTRA realtà, perchè noi ci identifichiamo in questo.

 

Se te ne privi, tu, non ti senti più tu... e può far paura (anzi, lo fa)

però... Non essere "tu" non vuol dire che tu non possa diventare altro.

 

Se vogliamo che nella nostra realtà si raggiunga un obiettivo con successo, allora la realtà dovrà cambiare per includere in essa quel nostro obiettivo, sia anche una cosa di poco rilievo per i media, come un videogame amatoriale.

E per farlo, per evolevere, partirà da quello che già c'è e che ci circonda o che fa parte di noi.

 

Il sacrificio è quindi una trasformazione, e non una "perdita" insensata.

 

Quando noi non siamo disposti a sacrificare qualcosa di importante per il nostro obiettivo, vuol dire che la realtà per come è, per noi è già la migliore auspicabile.

Non importa cosa ci macina in testa, quanto desideriamo creare qualcosa di nuovo e nostro, o quanto soffriamo, perchè il messaggio che inviamo realmente alle parti più profonde di noi, che ci permettono di assaporare la realtà, o cambiarla, è un "a noi va bene così"

 

Purtroppo le cose anche se vanno bene, non possono durare, perchè il mondo va avanti,

e quando ci si cristallizza in uno stato, il nuovo mondo non ci nutre più come accadeva in precedenza.

O si cambia o si muore.

 

Per cui non c'è un altro modo, anche se è scontato da dire, non è sempre facile da mettere in pratica.

Se vuoi cambiare qualcosa, la cambi,

devi farlo.

 

Se vuoi creare un videogame, devi iniziare a lavorarci.

Se vuoi uscire da una situazione spiacevole, devi iniziare ad uscirne.

 

Se hai delle cose da dire, dille, se hai delle cose da fare, falle.

 

Bisogna passare dall'atto immaginato, all'atto pratico,

perchè noi, ora, nella realtà siamo e solo in questa ci muoviamo.

 

Il sacrificare quel che siamo, è l'atto dovuto per uscire da questa realtà e iniziare a costruirne una nuova.

 

So che sembro ripetermi ma... Si, nel tempo potrei aggiungere dei punti o dei temi, però... non è che "manchi qualcosa" in ciò che ho scritto.

In realtà è semplicissimo, il difficile è iniziare a metterlo in pratica.

 

Riprendo una frase di Guardian in alto che forse può aiutare a comprendere meglio:

 

Pensi di aggiungere altro? Dal titolo sembrava un qualcosa più focalizzato sull'atto creativo e sui passi che si compiono mentre si crea, ma pare più se non una premessa qualcosa che espone gli strumenti di base.

 

La domanda da porsi è "serve aggiungere altro?"

...

"Forse" ma... tu, tu che leggi, non "tu Guardian" un tu generico, fai già queste cose?

Pensi già in questa direzione da me indicata?

 

Comprendi che questi strumenti non te li sto dando io, ce li hai già, tutti da te, dalla nascita;

magari non ti sei mai fermato a guardarli, o pensarci, ma riesci a capire che se tu mettessi in pratica anche solo queste "poche" cose non ti servirebbe niente di più di questo?

 

All'inizio il salto è grande, ma se non provi, non puoi sapere se sarai mai in grado di farlo.

A un certo punto ci si deve buttare, e cedere quel "controllo" di cui si parlava all'inizio.

...E parte da qui.

 

Questo non è un tutorial per imparare a dipingere, è un tutorial per rendere più consapevoli di ciò che è l'atto creativo, perchè qui creiamo, e perchè molti creano (o pensano di creare) senza percepirne il senso.

E alcuni queste domande, come insegna la storia, se le sono poste.

 

Non c'è bisogno di chiedere se c'è dell'altro, perchè se si è letto e fatto proprio ciò che ho scitto, si capisce che c'è SEMPRE dell'altro,

e ci sarà sempre, perchè niente è fermo, anche se può sembrarlo.

 

Quel che deve preoccupare tu che leggi è "se lì ci sarai anche tu"

se il tuo "de-siderio" è vederlo realmente qualcos'altro,

e se vuoi andare lì dove c'è "quell'altro" che cerchi.

 

Io le istruzioni te le ho già date, o meglio, ti ho mostrato quali sono le tue risorse reali, ora sta a te.

Se lo reputi importante, non serve che tu lo faccia ora, ma prima o poi, e meglio "prima" allenati a farlo.

Altrimenti... fai finta di niente, non ti curar di loro e passa.


Modificato da Martin Ginrai, 09 March 2018 - 20:36 PM.

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<<Crede che riuscirà a rispettare un marito che, forse, ha preso la più grossa cantonata scientifica di tutti i tempi?>>

.

..

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.

L'arte é la costruzione del tempio, dove lo Spirito, in virtù del simbolo, del rituale e della geometria sacra, può dimorare costantemente[...]

 

Vitriol

 

 

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- Il pandoro ci annienta...-


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#6 Inviato 12 April 2018 - 11:52 AM

Scheda tre:

Ho troppo poco tempo per...

(La struttura del tempo)

 

 

 

Il tempo è uno dei principali "nemici" contro cui ognuno di noi presto o tardi dovrà combattere.

Stavo per scrivere "contro cui ogni "artista" ma non sarebbe stato corretto, se sei un artista non hai problemi di tempo.

Se sei un "vero" artista, ovviamente.

 

Parliamo di noi, e parliamo del tempo, sarà scontato dirlo arrivati a questo punto, ma ciò che sto cercando di far passare attraverso queste "schede" è la necessità, in primis, di crearsi un "piano d'azione" che guidi le nostre scelte e il nostro "creare"

 

Per tutto serve una progettazione, e anche per progettare il nostro "progetto" di vita, ovviamente:

che sia esso importante o meno nell'ordine delle cose avrete molte più chance di vederlo realizzarsi solo se appoggerà su solide basi.

 

Ciò parte, innanzitutto, dal rapporto che noi abbiamo con noi stessi.

Non si può, certo, di punto in bianco svegliarsi un giorno con in testa il nostro progetto bell'eppronto,

o l'idea rivoluzionaria che cambierà la vita o le vite di chi ci circonda.

 

Chi siamo noi, dunque?

Chi siamo realmente?

E come ci vediamo?

 

Sono domande da porsi di vitale importanza, perchè se non siamo in grado di vederci come il genere di individuo perfettamente capace di "fare" quel che si è proposto

non potremo mai "fare" qualcosa con successo;

 

ogni volta che ci proveremo, prima ancora di iniziare saremo già entrati in una fase di auto-sabotaggio

e una vocina in testa continuerà a dirci incessantemente che noi non siamo in grado, non possiamo "fare" molto di quel che vogliamo.

 

Se, quindi, siete in qualche modo "artefici" di un certo tipo di passione, o di arte, sforzatevi di vedervi in quei panni sempre, indipendentemente dal contesto, da chi eravate prima, da quel che avete fatto prima;

se siete grafici vedetevi come tali in ogni istante della giornata,

e lo stesso se siete "ideatori" di storie, o di gameplay particolari.

 

Insomma concentratevi sempre non solo in ciò che fate ma in ciò che dovete essere per riuscire a farlo.

 

Ponetevi la fatidica domanda:

"di qui a dieci anni... Io come sarò? Io cosa farò?"

 

Riuscite a vedervi nel futuro con la vostra creazione ultimata?

 

E com'è questo futuro?

 

Come siete inseriti in quel contesto?

 

Vi vedete più felici?

 

O uguali ad ora?

 

Oppure irrimediabilmente persi?

 

 

E' importante perchè solo se riuscite a osservarvi da qui, da dove siete ora, per come "volete" essere in futuro, potete iniziare a "programmare" un punto di arrivo.

Se non credete appieno in quello che vedete, o che vi aspettate, è fatica sprecata, non ci arriverete, e non è affatto vero che ve lo aspettate.

Può sembrare tempo perso, ma ogni idea ha bisogno di nascere innanzituto come "idea"

ogni nostra azione va pianificata se la si vuole indirizzare in una direzione specifica,

insomma serve organizzazione e pianificazione.

 

E' capendo ciò di cui bisogniamo, che possiamo procurarcelo; serve imparare a programmarsi per far sì che la nostra testa e le nostre azioni siano in accordo, e in questo modo anche diventare "vittime" di saltuarie correnti d'ispirazione diviene ben più facile.

 

 

Uno dei punti chiave su cui lavorare è senz'altro il tempo, e per farlo si vede necessario osservare il modo che noi abbiamo di porci di fronte a quest'ultimo.

Cos'è il tempo?

 

Secondo una mente eminente del passato, il tempo era "l'anima del cosmo" ma... Senza essere così criptici o filosofici, il tempo è semplicemente la "percezione" di qualcosa che fatichiamo a definire, e che, in qualche modo, la nostra mente semplifica per avere l'illusione di conoscerlo e di averne un (se pure parziale) controllo.

 

Il tempo si può immaginare in molti modi, e ognuno ne possiede una percezione del tutto personale, un pò come per le impronte digitali non esiste un modo "unico" di intendere la percezione del proprio flusso temporale.

 

Per alcuni il tempo è fatto di immagini,

per altri di sensazioni, o colori;

certe persone lo ricevono come una successione di suoni, di frasi ricordate, ecc...

 

Tutte queste informazioni, poi, sono in genere "mappate" su una griglia di consapevolezza personale,

il ché, in soldoni, significa che ognuno di noi pone queste informazioni in delle "aree" immaginative "proprie"

 

Così per alcuni il passato diventa qualcosa che magari si trova alle sue spalle, e il futuro qualcosa che si pone di fronte ai loro occhi, distante tanto più è distante nel tempo quel futuro.

 

E' solo un modo personale e "automatizzato" dal nostro percorso di crescita, per tradurre qualcosa che di suo è dannatamente "astratto" ma reale, come un qualcosa di più "ordinato" e comprensibile al nostro "linguaggio" di programmazione.

 

Per certe persone il tempo è come una linea retta, davanti ai loro occhi, a destra il passato, a sinistra il futuro (o viceversa) su cui si pongono, immagini, suoni, odori...

Il sistema con cui abbiamo scelto di archiviare tali informazioni è troppo variegato e, francamente, non è assolutamente "importante" sebbene vi siano senza dubbio dei "sistemi" di archiviazione più "funzionali" di altri.

 

Apro giusto una parentesi:

Chi, ad esempio, tiene il passato alle proprie spalle (per cui il passato è sopratutto composto da informazioni non visive) e il futuro di fronte con immagini chiare, limpide, possiede una volontà più ferrea rispetto a un individuo che identifica il passato e il futuro entrambi di fronte a sé, e che di conseguenza ha ben "presenti" sempre e costantemente anche tutti i propri punti deboli e fallimenti del passato.

 

Ora, non basta chiudere gli occhi e chiedersi che forma abbia per noi il tempo per riuscire da subito a capire come lo abbiamo concettualizzato in noi:

è chiaro che serve farlo più volte dedicandovi del "tempo" e senza avere fretta di capirlo.

Ma... Non è da escludere che per alcuni sia molto più semplice ederlo che per altri.

 

 

Questo non serve a pianificare nulla per ciò che ci riguarda, sto cercando infatti solo di far capire che il "tempo" non è un qualcosa di definito, per nessuno di noi,

è un elemento che, pur avendoci a che fare tutti, è "plastico" si adatta alle nostre esigenze, perchè passa attraverso una "percezione" e una "archiviazione" su cui, in realtà abbiamo completo controllo se lo desideriamo.

 

 

Ora vorrei spingervi a fare un ulteriore sforzo e provare a ricordare, ad esempio, come eravate da bambini.

 

Per la maggior parte di noi / voi, la giornata "tipo" da bambino era pressoché eterna.

Il tempo scorreva più lentamente, un pò come quando dovete raggiungere una nuova posizione con la macchina all'andata.

Non è forse vero che il ritorno è sempre più rapido? Il cartone animato di mezz'ora, sembrava durare solo mezz'ora?

 

Questo avviene perchè il cervello in modo "automatico" tende a semplificare ogni informazione, scartando quello che per lui potrebbe essere superfluo o trascurabile.

 

Non vuol dire che la nostra mente decida in modo arbitrario di buttare via informazioni, al contrario, registra tutto quello che vede, ma proprio tutto, solo che la quantità di informazioni in entrata è estremamente vasta, e non è utile alla coscienza considerare tutto importante allo stesso modo.

Per cui tutto ciò che vediamo viene filtrato e un buon "novanta per cento" delle informazioni viene omesso dalla coscienza.

 

 

Fateci caso, se vi sottoponete a un odore forte in un ambiente chiuso, ad esempio, non è forse vero che dopo poco vi "abituate" a quell'odore e smettete di sentirlo?

 

Il motivo è proprio questo, la mente "decide" che non avete bisogno di quell'odore come "informazione"

non è vitale per ciò che state facendo.

 

Questo filtraggio viene operato costantemente dalla nostra psiche per ogni genere di informazione e percezione, sia essa nuova o vecchia, e qui c'è il punto:

lo stesso trattamento viene operato sulla percezione temporale.

 

 

La persona più cresce e più viene inserita in un contesto societario specifico, da "singolo" ala nascita, diventa presto una moltitudine, e parte di una moltitudine che si considera come un singolo.

Cercherò di spiegare meglio questo concetto.

Ricordate l'impressione che avevate delle persone quando eravate dei bambini?

 

Oggi, uscite di casa, e incontrate i "colleghi" o forse, per alcuni di voi, i "compagni di classe"

Se rientri dopo essere stato coi tuoii "amici" rientri in casa e incontri i "tuoi"

 

Avete notato, quante generalizzazioni compiamo inconsciamente anche solo in forma di linguaggio?

 

Più cresciamo e più tendiamo a racchiudere le persone in "gruppi" semplificandone l'informazione, e lo stesso vale per noi dal momento che siamo anche noi persone.

 

Un bambino non va a scuola coi "compagni" ci va con Luisa, Francesca, Marco, Antonio, ecc ecc...

Non va dagli amici, va da Franco, da Elisa...

 

Per il bambino la semplificazione è qualcosa di superfluo, ed è un sistema di apprendimento e di difesa naturale, essendo "giovane" ha bisogno di raccogliere più informazioni possibili per "proteggersi" da eventuali minacce.

 

L'adulto, vive in maniera diversa:

per l'adulto una distesa di ghiaia è solo un mucchio di sassi, il bambino coglie, invece, la differenza da sasso a sasso, e può farsi entusiasmare (da "en-theos" - in Dio, con Dio) anche dalle più piccole differenze tra gli uni e gli altri.

 

Questa quantità di informazioni, che è la medesima non filtrata che vive anche l'uomo adulto, (non dimentichiamolo) ha bisogno di "tempo" per poter essere raccolta, e proprio per questa ragione, il bambino possiede una percezione di questo ampliata rispetto all'adulto.

 

Quando compi la strada del ritorno, buona parte delle informazioni all'andata non ti servono, non devi assimilare cose che non ti servono; e magari la tua testa, mentre sei alla guida, già è proiettata a cosa farai una volta giunto a casa.

 

Togli elementi dalla tua esperienza... e automaticamente, togli il tempo.

 

Osservate i film: un film con molto parlato, può risultare, certo, più pesante rispetto a un film d'azione, ad esempio; e ciò nonostante la metratura di girato sia la medesima.

Quello che cambia è il numero di informazioni in entrata, più la gente parla, e più dà allo spettatore informazioni, e di conseguenza il tempo si dilata e ci sembrerà durare, a volte, anche un'ora in più del film dove ci si scazzotta dall'inizio alla fine.

 

Lo stesso fenomeno lo si può cogliere nella concentrazione:

quando compi un lavoro che non ha bisogno di gran supporto intellettuale, ma più "fisico" e ne sei totalmente assorbito, la tua percezione del tempo cambia sensibilmente, e un'ora diventa un minuto.

Se ti ripeti, invece, che il tempo non passa più, il tempo di contro si "dilata" perchè moltiplichi involontariamente la tua esperienza guardando incessantemente l'orologio, concentrandoti di attimo in attimo su nuove cose che non fanno passare il tempo.

 

Quella persona fa sport, passeggia col cane, va dalle amiche, fa parte di quel gruppo parrocchiale lì, va ai corsi di chitarra, trova il tempo di andare in biblioteca e al cinema... ma come fa ad avere TUTTO quel tempo? Io arrivo a casa ed è già ora di andare a cena, e poi a letto!!

 

Non è forse questo un pensiero che almeno una volta ci ha colto?

 

Il trucco per avere "più tempo" è proprio questo, cioè il rendere più ricca la nostra esperienza di vita, sempre.

Una persona più attiva, di conseguenza, avrà una percezione del tempo più capiente rispetto a una persona che vive di routine.

Serve aumentare le esperienze, le percezioni, i particolari che fanno di sfondo alla nostra vita.

 

Cosa che dopo una vita passata ad ometterli diventa per alcuni molto difficile da realizzarsi.

Ma non impossibile, e come per tutto serve esercizio.

 

 

I Pitagorici rappresentavano questo fenomeno (e molti altri) con uno schema grafico, per la precisione un simbolo, la Tetraktys:

 

tetractis.jpg

 

 

Si tratta di un triangolo composto da dieci elementi, cioè il "tutto"

le sfere sono numeri, e i numeri infatti vanno dal basso verso l'alto, da 0 a 9, e sono dieci. Dove il nove, e anche il dieci, in virtù del fatto che non esiste una percezione unica, una verità se non quella che noi scegliamo di cogliere nella realtà.

 

E' la nostra percezione che determina la realtà, la realtà per noi.

 

Questo simbolo rappresenta un percorso di presa di consapevolezza, di miglioramento dell'uomo, un percorso alchemico, magico, o animico,

ma

per ciò che concerne la percezione del tempo, si legge come una piramide di "nove più uno" elementi, al cui vertice v'è la percezione del tempo dilatato.

 

Questa non può essere raggiunta se non "sostenuta" dai precedenti nove elementi, che in un contesto alchemico sarebbero degli "stadi" da esperenziare e fare propri, ma nel contesto temporale, altro non sono che moltitudini di esperienze.

 

 

Si può fare un esperimento ora:

se possedete un metronomo, ad esempio, una volta regolato con una certa cadenza, provate a soffermarvici e iniziare a ripetere il mantra "OM"

 

La "M" è un suono composito, cioè contiene nella sua espressione vocale, tutta una serie di vibrazioni che le altre lettere (esclusa la N) non possiedono.

La N, e la M, infatti rispetto alle altre consonanti utilizzano le cavità nasali come cassa di risonanza ampliando lo spettro vibrazionale nella loro enunciazione.

 

Dopo qualche minuto, noterete che nell'emissione della vocalizzazione della M (se Ohmmmm) o N se (Ohnnnnn) il metronomo sembrerà rallentare.

Non lo fa realmente (anche se ci sarebbe da chiedersi cosa sia reale) ma la nostra percezione in questo senso si altererà andando a incidere nel rapporto che abbiamo nei confronti di quell'operazione.

 

Mantra più potenti possono includere le consonanti L (Lammm) o R (Rammm) e se queste "parole" simboliche sono state designate come mantra nei secoli è proprio perchè possiedono queste capacità di "astrazione" dalla realtà.

 

Perchè davanti al mare il tempo sembra rallentare? Lo sciabordio delle onde è una gamma di suoni, il trascinarsi di migliaia di piccoli sassolini, di ostacoli su cui l'acqua si infrange, è un'esperienza completa.

A volte tale esperienza può presentarsi visivamente, come davanti a un cielo stellato, o un tramonto, o un dipinto particolarmente "pieno"

ecc...

 

Giunti a questo punto, quindi, cosa si può fare per ampliare il tempo a nostra disposizione?

E' chiaro che non ci si può mettere a fare pixel art recitando mantra (oppure sarebbe un esperimento interessante) ma, infatti, questi sono solo dei piccoli "esercizi" per prendere coscienza di come funziona il meccanismo temporale. In verità cosa serve se non "aumentare di dettagli l'esperienza?"

 

Noi perdiamo tempo lungo l'asse temporale spostando le nostre attenzioni dal passato al futuro e viceversa, senza mai soffermarci sul tempo che realmente ci serve, cioè il presente.

Io posso pianificare un'azione futura, ma non posso farla nel futuro, né tantomento nel passato, mi è dato modo di agire solo ed esclusivamente nel presente.

 

E' nel presente che facciamo esperienza, e quel presente è tanto più "sfuggente" quanto più "meccanica" diventa la nostra esperienza.

 

Aumentare il tempo a nostra disposizione non si traduce nell'avere più tempo per programmare uno script, o realizzare un portrait, ma ricavare tempo extra dalla nostra giornata in modo da poterne dedicare in più anche a queste operazioni per noi così importanti.

E' chiaro che se devo lavorare otto ore, lavorerai otto ore, ma puoi passare otto ore a stressarti ed esaurire le energie oppure puoi passarle a prepararti mentalmente a ciò che devi fare e accumulare forza e desiderio di fare una volta che quelle otto ore saranno scadute, accelerando di fatto il tempo per realizzarle.

 

Il tempo non è un futuro e non è un passato, ma è una collana di perle in cui ogni elemento è fissato nel presente.

Esiste SOLO questa forma temporale, passato e futuro sono funzioni della stessa, e schematizzazioni di fenomeni astratti che non possiamo del tutto comprendere.

 

Per cui, il modo di ottenere tempo, è quello di essere più "presenti" più vigili durante il giorno, in ogni nostra mansione, in ogni nostro gesto, parola, movimento.

Quante volte compiamo un movimento superfluo e ci chiediamo solo dopo "perchè l'ho fatto?"

 

Se fossimo stati presenti avremmo potuto decidere se compierlo o meno.

Nella presenza si riescono a cogliere i dettagli dei nostri interlocutori, il loro modo di muoversi, di guardarci, di respirare, tutte informazioni che normalmente viviamo e registriamo, ma che poi la nostra mente omette dal rendercene partecipi.

 

Basta poco, basta ripetersi dentro che in quel momento noi vogliamo vedere queste cose.

 

Alcuni imparano la presenza cercando di notare il loro respiro, ed è un ottimo modo,

ogni respiro è infatti diverso dagli altri e quindi ogni respiro può diventare un'esperienza differente attraverso cui vedere, sentire, notare, più cose.

 

Serve un pò di esercizio prima che questo sistema si automatizzi, e serve una certa costanza.

 

 

Ciò che è importante è capire che l'adulto non è più "padrone" del proprio tempo.

Lo sacrifica per fare quello che viene chiesto da altri, o per rispettare l'immagine che altri hanno di lui, o sé stesso.

Se la nostra mente pensa, di conseguenza, che deve fare questo, taglierà fuori in modo autonomo tutto quello che non serve,

ed è davvero tanto, perchè ogni attimo che viviamo, anche quando siamo "distanti" o "sovrappensiero" in realtà può essere un crogiuolo di esperienze nuove ed energizzantiper la nostra causa.

 

Al contrario, se continuiamo a tagliare e tagliare informazioni, se continuiamo a farci assorbire da elementi di poco conto, pensando che è nostro "dovere" da studenti,

da lavoratori,

da mariti,

padri o madri...

questo non solo ci priva del tempo, ma anche dell'energia in eccesso necessaria a vivere quel tempo di cui ci priviamo.

 

Il consiglio migliore è "farsi sempre delle domande" anche a prima vista stupide, del tipo..." perchè mi piace questo suono, perchè il tavolo è di legno"

essere curiosi e aperti come bambini alle prime armi, è l'unico vero modo per ampliare lo spazio in noi necessario ad accogliere nuove esperenze, e di conseguenza, a programmarci per sentire "più tempo"

 

Spero che anche questo, unitamente alle schede precedenti, possa presto o tardi rendersi utile.

 

 

 

 


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<<Crede che riuscirà a rispettare un marito che, forse, ha preso la più grossa cantonata scientifica di tutti i tempi?>>

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L'arte é la costruzione del tempio, dove lo Spirito, in virtù del simbolo, del rituale e della geometria sacra, può dimorare costantemente[...]

 

Vitriol

 

 

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- Il pandoro ci annienta...-





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