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Racconto per un concorso scolastico

    Tio
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#1 Inviato 14 January 2007 - 20:24 PM

Dunque, questo è un racconto che ho scritto l'anno scorso per partecipare ad un concorso scolastico che prevedeva come premio un viaggio a Bruxelles... Il tema del concorso era "L'Unione Europea", e bisognava inventare una storia in cui bisognava visitare tre paesi europei, sottolineando l'importanza dell' "essere tutti felici e contenti sotto l'unione europea" e il senso di appartenenza a questa unione.
Ho partecipato al concorso insieme a due miei amici (uno dei quali è Luka88), e, inaspettatamente, siamo arrivati non solo fra i 5 gruppi che avrebbero vinto il viaggio, ma anche primissimi ottenendo 100 su 100.

Premetto che può essere un po' palloso in alcuni punti perchè bisognava anche dare importanza ai monumenti, alla storia dei vari luoghi visitati, ecc... però la trama (scritta tutta da me praticamente, Luka e il mio altro amico più che altro davano consigli ogni tanto XD ) non penso sia tanto malaccio se ci ha fatto vincere... Ecco a voi il documento, buona lettura :)

EDIT: Non mi allega il file, ecco qui tutto il testo XD


Viaggio in Europa
Protagonisti: Francesco(io), Andrea e Luca
Luoghi visitati: Monaco, Dresda, Berlino, Brema, Bruxelles

MONACO
I tre ragazzi si risvegliarono nella loro camera d'albergo; nonostante fossero arrivati a Monaco a tarda notte, non si sentivano per niente stanchi. Si lavarono e si vestirono per fare una colazione veloce e per iniziare la loro prima giornata in città. La lingua tedesca, studiata per tanti anni a scuola, si era rivelata finalmente utile già dal primo momento. I ragazzi, prima di iniziare il loro viaggio in Europa, si informarono bene su tutte le città che intendevano visitare: Monaco, nel Bavarese, era una grande città al centro delle vie che mettevano in comunicazione Europa meridionale e quella centro-settentrionale; era nota in tutto il mondo per le sue industrie di birra e per la manifestazione dell' Oktoberfest, che si svolgeva oggi anno nel mese di ottobre.
Sfortunatamente si trovavano lì nel mese di agosto anche se, nel caso la visita fosse stata di loro gradimento, sarebbero sicuramente tornati per partecipare alla celebre festa tedesca. Ad ogni modo, iniziarono a passeggiare per la città senza una meta ben precisa, chiacchierando e aspettando che aprissero i primi negozi e musei. Il traffico già presente dalle prime ore del mattino, faceva sembrare ai tre amici che fosse l'ora di punta: erano abituati al moderato, ma comunque fastidioso, traffico di Cagliari ed era un sollievo ritrovarsi a piedi in quel momento. Mentre camminavano, furono fermati da una donna che distribuiva volantini: Francesco e Andrea, che disprezzavano questo genere di persone, accettarono i volantini per poi buttarli due metri più avanti. La donna vide la scena e si ri-avvicinò ai ragazzi, pronunciando alcune parole a loro incomprensibili. Quando la donna vide che non risposero, si allontanò fredda e i tre cominciarono a ridere a commentare la scena appena avvenuta. Passarono l'intera mattinata in giro per il centro della città, girando per le strade più famose e visitando alcuni negozi di loro interesse. Scattarono anche qualche foto ad un paio di mimi divertenti, alle grandi piazze con fontane, alberi, chiese e palazzi imponenti. All’ora di pranzo si fermarono a mangiare in un fast-food e ne approfittarono per telefonare ai parenti e per farsi un piano generale della giornata. Quindi decisero di iniziare a visitare qualche museo, a iniziare dal Neue Pinakothek. La visita di questa esposizione rubò la serata intera dei tre ragazzi che poi cenarono in un delizioso ristorante nelle vicinanze.
Pagarono la lussuosa cena e si diressero in una birreria lì vicino. Sfortunatamente, dei tre solo Luca poteva entrare perché era diciottenne, quindi decisero di cambiare il programma della serata e di andare in un bar. Si sedettero al tavolo, aspettando che passasse qualcuno a prendere le ordinazioni. Mentre aspettavano, notarono due giovani nel tavolo vicino. Erano due ragazzi biondi, sui 17/18 anni, anche se fisicamente mostravano quasi il doppio dei tre italiani. Uno dei due tedeschi fece una domanda nella propria lingua ad Andrea, che non capì e si mise a ridere, cercando di nasconderlo con scarso successo. Il ragazzo biondo probabilmente capì che stava parlando con degli stranieri, quindi chiese “Have you got a cigarette?”. Luca fece un sorriso e offrì una sigaretta al ragazzo; iniziarono allora tutti assieme a discutere, principalmente in inglese, anche se ogni tanto inserivano qualche parola italiana o tedesca per capirsi meglio. I due tedeschi si presentarono per primi: Peter, aveva diciotto anni e aveva sempre vissuto a Monaco, mentre Otto veniva da Berlino; entrambi ora vivevano a Monaco ed erano grandi amici. Dopo aver continuato le presentazioni e discusso sui propri paesi, decisero di mettersi d’accordo per rivedersi il giorno dopo e farsi un altro giro della città in buona compagnia. I tre italiani tornarono abbastanza tardi in albergo, ma decisero comunque di ripassare un po’ di inglese e tedesco per comunicare meglio il giorno seguente.
Durante la notte, Francesco si svegliò e notò che il letto di Luca era vuoto; andò a controllare nel balconcino fuori e trovò Luca che ammirava il panorama di Monaco notturna, mentre si fumava una sigaretta. Gli chiese “Che hai?”. Rispose Luca: “Non riesco a dormire…”. “Come mai?” chiese di nuovo Francesco. “Stavo ripensando alla nostra serata: è stata una bella esperienza conoscere quei due ragazzi; voglio dire: erano due sconosciuti come tanti altri, ma non avrei immaginato che dei ragazzi tedeschi potessero essere così estroversi. Tu come te li eri immaginati? Una cosa del genere mi era capitata solo a Roma. Mia madre mi aveva raccontato di un suo viaggio in Germania in gioventù in cui i tedeschi parlavano solamente la loro lingua ed erano scontrosi e nazionalisti. Adesso invece sento che con questi ragazzi c’è qualcosa in comune”. Luca tirò un’altra boccata. “Vediamo” continuò “come va avanti la cosa…”. Francesco rimase stupito dal discorso di Luca; non voleva deluderlo dopo la bella giornata, quindi cercò una soluzione:”Potremmo chiedere a Peter e Otto di continuare il viaggio in Germania con noi! Tanto siamo ad agosto, non penso che abbiano tanti impegni in questo periodo dell’anno…”. Luca rispose:”E’ una buona idea, ma non possiamo obbligare due persone appena conosciute a seguirci per il nostro viaggio in Germania… Anche se devo ammettere che mi dispiace veramente andarmene, forse dovremmo rimanere per un po’ di più…”. Francesco rispose:”L’idea di fermarci qui per un po’ più di tempo con loro non è affatto brutta, ma rallenterebbe i tempi. Ricordati che dobbiamo raggiungere mio cugino a Bruxelles fra un paio di giorni, e mi dispiacerebbe non arrivare in tempo rinunciando ad una visita più lunga di Bruxelles. Dovremmo parlarne domani con Andrea, Peter e Otto…”.”Hai ragione, scusami. Comunque chiediamogli i loro numeri di cellulare e le loro e-email, così possiamo continuare a tenerci in contatto”. Francesco concordò:”Buona idea. Speriamo comunque che domani vada tutto bene… Ora vado a dormire che sto morendo dal sonno, buonanotte.” “Buonanotte.” rispose Luca, e fece il suo ultimo tiro di sigaretta.
La mattina dopo, si risvegliarono alle 8 per incontrarsi di nuovo con i due nuovi amici tedeschi. Decisero di fare un altro giro della città; Peter e Otto erano molto ben informati sulla città e sapevano spiegare addirittura perché le vie e le piazze presentassero quei nomi. Ne approfittarono pure per mostrare alcuni dei più bei locali e negozi della città; dopo avergli mostrato pure la loro scuola, decisero di andare a mangiare di nuovo in un fast-food. Mentre mangiavano si scambiarono i numeri di telefono e gli indirizzi, in modo da poter continuare a tenersi a contatto. Alle cinque del pomeriggio i tre amici avrebbero dovuto prendere il treno diretto a Berlino, facendo però una sosta di mezza giornata a Dresda. Peter e Otto decisero di accompagnare i tre amici italiani all’albergo per raccogliere i bagagli e poi alla stazione per gli ultimi saluti. Siccome Peter possedeva un auto, diede un passaggio a tutti per fare più in fretta; per strada però si ritrovarono di fronte ad un incidente, che rallentò parecchio il traffico. Erano le 16.30 e avevano solo mezz’ora per prendere il treno in tempo; il traffico non si sbloccava, quindi i tre italiani decisero di continuare la strada a piedi, con zaini e valigie. Purtroppo non fecero in tempo per qualche secondo a prendere il treno; i tre amici erano molto delusi: avevano una tabella di marcia molto precisa e non avrebbero voluto rovinare tutto. Uscirono avviliti dalla stazione per passeggiare un po’ prima che partisse il prossimo treno per Dresda; all’uscita della stazione però, incontrarono di nuovo Peter e Otto in macchina, ad aspettarli. I due tedeschi fecero cenno di avvicinarsi velocemente: gli proposero di fare il viaggio Monaco – Dresda tutti assieme in macchina. I tre amici accettarono con piacere, soprattutto Luca: il loro viaggio era stato salvato. Dopo aver caricato velocemente i bagagli in macchina, partirono subito a massima velocità verso l’uscita di Monaco. Viaggiarono per ore e ore, chiacchierando, facendosi quattro risate e ascoltando musica. Il tempo passò molto velocemente e l’intero gruppo si ritrovò per le 23 all’entrata di Dresda.

DRESDA
Dresda, capitale della Sassonia, era un porto fluviale sul fiume Elba; dotata di un notevole patrimonio storico-artistico, era stata distrutta dai bombardamenti del 1945 e poi ricostruita secondo il modello originario. I ragazzi, nonostante fosse notte, notarono subito qualche differenza fra Dresda e Monaco. Monaco era senz’altro una città molto più grande e sviluppata, quasi fantastica. Dresda era sicuramente più piccola, ma comunque più vivibile e tranquilla di Monaco (presentava infatti di circa la metà degli abitanti rispetto a Monaco). Si lasciarono conquistare dalla particolare atmosfera notturna: il centro storico s’illuminava d’incanto, il battello storico navigava lento sul letto del fiume davanti a infinite villette e castelli. Uno spettacolo del genere i tre italiani non se lo sarebbero potuti godere neanche nei loro sogni.
Dopo essersi fatti un giro panoramico della città, si fermarono davanti all’albergo. Francesco e Luca stavano scendendo dalla macchina, quando Andrea li fermò dicendo :”Aspettate un attimo. Peter e Otto ci hanno accompagnato qui e si sono fatti tantissime ore di viaggio solo per farci una cortesia… Se ora noi andiamo in albergo, loro dovranno dormire in macchina oppure passare l’intera notte in autostrada; non mi sembra giusto che lo facciano solamente per colpa nostra, mentre noi dormiamo tranquilli in albergo”. Luca confermò:”Ha ragione! Non sarebbe giusto nei loro confronti. Ma allora cosa facciamo?” E Andrea continuò:”Potremmo andare a divertirci tutti assieme… E poi una sistemazione per stanotte la troviamo senza problemi, che sia in macchina o in una piazza. Siamo tutti assieme qua a Dresda e mi sembrerebbe stupido passare la notte a dormire quando c’è l’intera città che ci aspetta!”. Francesco disse:”Ok, allora facciamo compagnia a Peter e Otto per tutta la notte!”. Dopo aver avvertito i due amici, si misero a ridere e accettarono la proposta. Risalirono tutti in macchina e parcheggiarono in una piazza; entrarono nel bar lì davanti e presero del caffè per tenersi più svegli la notte. Poi passarono tutta la notte a passeggiare e a chiacchierare in giro per la città senza una meta ben precisa, con un atmosfera notturna che li conquistò del tutto. Verso le quattro di notte, tornarono di fronte alla macchina e continuarono a chiacchierare mentre Peter, Otto e Luca fumavano un paio di sigarette. Appena iniziò a far freddo, tutti quanti si rinchiusero in macchina continuando a parlare per un po’, finché il sonno non li avvolse. Questa nuova amicizia era talmente forte da portare i ragazzi a dormire in una macchina tutti assieme, quando un albergo accogliente li aspettava a qualche minuto da lì.
Furono risvegliati da un pullman che passò alle 8 del mattino; tutti erano ancora assopiti, quindi rimasero in macchina ancora per un po’ finché non si ripresero. Dopo un’oretta, uscirono dalla macchina e fecero colazione tutti assieme, prendendo un altro caffè nello stesso bar. Poi decisero di provare ad andare sul battello per farsi un giro sul fiume; fu una bella esperienza, tranquilla e rilassante dopo una notte che fu divertente ma abbastanza stressante per tutti. Verso mezzogiorno, andarono invece a fare visita ad una delle tante collezioni d’arte di fama mondiale. Dopo un’oretta andarono a pranzare velocemente in un altro fast-food; questa volta il treno li aspettava alle 3 del pomeriggio, e non lo volevano perdere un’altra volta, quindi partirono in anticipo per la stazione, sempre accompagnati da Peter e Otto in macchina. Fecero i biglietti e aspettarono il treno per mezz’oretta, finché non arrivò il momento dei saluti. Gli amici si abbracciarono e si salutarono, quindi Francesco, Luca e Andrea salirono sul treno. Partì lento, permettendo agli amici di salutarsi un’ultima volta. Poi accelerò e continuò la sua marcia sulle rotaie, finché Otto e Peter non diventarono due puntini lontani e finché Dresda non fece altrettanto.
Erano sempre più vicini a Berlino.

BERLINO
Il treno arrivò dopo qualche oretta. Il viaggio, che sicuramente era molto più breve e comodo rispetto al viaggio per Dresda in macchina, si era presentato abbastanza lungo e pesante, senza la presenza dei due amici teutonici. Ma erano certi che un giorno si sarebbero di nuovo incontrati.
Dopo aver raccolto i bagagli, scesero dal treno e uscirono dalla stazione. Berlino, capitale della Germania riunificata, era una vera metropoli: fin dal Medioevo la città, sorta alla confluenza di due fiumi, rivestì un importante ruolo economico. Conservò questa impronta commerciale per secoli, grazie ad un sistema di canali che ora la collega a fiumi importanti come l’Elba e ai porti del Mar Baltico e del Mare del nord. Ultimante la città non rivestiva solamente di un importante ruolo economico, ma si stava trasformando anche in un vivace centro culturale dopo la caduta del muro di Berlino.
Come prima decisione, scelsero di dirigersi subito verso l’albergo per appoggiare bagagli e sistemarsi; fra una cosa e l’altra, si fecero le sei del pomeriggio e i ragazzi decisero di andare a visitare il castello reale della città, rimaneggiato da A. Schlüter; l’edificio era grande ed imponente, e lasciò i ragazzi a bocca aperta. Girarono al suo interno per ore, perdendo il senso del tempo; uscirono da lì verso le 9, in tempo per cenare e farsi un giro nella Berlino notturna. Andarono in un ristorante non troppo lussuoso, ma comunque dove si mangiava bene e a buon prezzo; ne approfittarono anche per chiamare a casa per avvertire che stavano tutti bene e per raccontare di Peter e Otto. I genitori di tutti e tre si arrabbiarono un pochino quando scoprirono che i ragazzi non avevano passato la notte in albergo a Dresda, ma comunque erano felici che stessero tutti bene e che avevano fatte due nuove amicizie. Dopo aver cenato, si fecero un altro giretto per Berlino e si fermarono in qualche locale nelle vicinanze dell’albergo, sperando di trovare qualche nuovo amico nel ricordo di Monaco, che potesse guidarli a Berlino per le prossime giornate. Purtroppo questa volta non trovarono molti ragazzi della loro età e Luca aveva finito le sigarette, quindi si limitarono a divertirsi da soli chiacchierando e commentando le persone più divertenti che incontravano. Tornarono in albergo verso mezzanotte, addormentandosi subito.
Il giorno dopo si alzarono sul tardi poiché la notte prima non avevano dormito; fecero colazione in un bar verso mezzogiorno e, dopo aver fatto visita ad un paio di negozi di souvenir, andarono a mangiare in un fast-food verso le 2 del pomeriggio, con molta calma. Tornarono in albergo per farsi un riposino pomeridiano, quindi uscirono verso le 5 per andare a vedere la Porta di Brandeburgo, il palazzo del Reichstag e il duomo; tra un monumento e l’altro si spostarono tramite bus e metro, abbastanza velocemente. Fecero anche qualche foto di gruppo in modo da ricordare i bei momenti; a Francesco venne in mente che purtroppo non avevano fatto neanche una foto con Peter e Otto. Dopo aver cenato in una pizzeria tedesca, dai prezzi alti e dalla qualità abbastanza scarsa, i tre si fecero un giro per Berlino andando a rivisitare i luoghi già visitati con uno sfondo notturno che cambiava totalmente l’atmosfera. Ancora stanchi per la notte in bianco, tornarono in albergo abbastanza presto per risvegliarsi l’indomani ben riposati.
La mattina dopo uscirono dall’albergo e si ritrovarono, di nuovo, davanti alla macchina di Peter e Otto parcheggiata con loro due fuori che fumavano. I ragazzi si salutarono e si riabbracciarono, entusiasti per la sorpresa; chiesero come mai fossero venuti fino a Berlino e Peter rispose, pronunciando qualche parola in inglese e qualche parola in tedesco, che avevano deciso di continuare a seguirli e di fargli questa gradita sorpresa a loro insaputa. In effetti Otto era di Berlino, e poteva fare da guida ai ragazzi per tutta la mattinata. Purtroppo Otto non s’intendeva molto di edifici culturali della città, quindi si limitò a portarli in giro per qualche bella piazza dove aveva passato la sua infanzia, mostrandogli pure la sua vecchia casa. Si fece presto ora di pranzo e dopo aver mangiato per l’ennesima volta in un fast-food, Peter e Otto proposero di continuare il viaggio fino a Brema assieme. I tre accettarono con entusiasmo, anche se prima si accertarono che la lunga distanza da Monaco non fosse troppo di peso per i loro amici tedeschi. Quindi, dopo aver ritirato i bagagli in albergo, partirono per Brema, l’ultima tappa tedesca del loro viaggio.

BREMA
Il viaggio, che sarebbe dovuto essere abbastanza lungo e pesante, si presentò invece molto breve e divertente. Tutti quanti passarono il tempo a raccontare cosa avevano fatto nelle ultime due giornate; Luca fece anche notare che la mezza giornata passata a Berlino fu sicuramente istruttiva, ma che senza Otto e Peter fu troppo noiosa, facendo sembrare Berlino una città fredda.
Arrivarono anche a Brema a tarda notte. Fortunatamente, il loro albergo si trovava nel quartiere di Schnoor, centro della vita notturna di Brema. Questa volta i due ragazzi tedeschi decisero però di permettersi un piccolo lusso pagando l’albergo per passare la notte nella stanza tripla dei tre amici italiani. Alla Reception fecero un po’ di storie, ma alla fine accettarono. Passarono un'altra notte in compagnia chiacchierando fino alle 2, finché non si addormentarono. La mattina dopo, si risvegliarono sul presto per visitare la città e vedere i monumenti principali: visitarono per tutta la mattinata la Piazza del Mercato e le numerose chiese nelle sue vicinanze; subito dopo pranzo dovevano prendere il treno diretto per Bruxelles, quindi mangiarono molto velocemente in un fast-food per poi farsi riaccompagnare alla stazione in macchina. Durante il viaggio verso la stazione, Andrea notò il piccolo monumento dei Musicanti di Brema e chiese di fermarsi un attimo: era il luogo perfetto per fare una foto di gruppo, prima di salutarsi, e questa volta veramente, per l’ultima volta. Si misero tutti in posa davanti al monumento e chiesero ad un mimo là vicino di fargli una foto; dopo aver fatto la foto, offrirono un po’ di soldi al loro fotografo, e ripartirono per la stazione.
Questa volta riuscirono a prendere il treno giusto in tempo, senza permettere lunghi saluti. Si limitarono a salutarsi dal finestrino, col treno che si allontanava sempre più velocemente.
La loro prossima tappa era Bruxelles, dove li aspettava il cugino di Francesco.

BRUXELLES
A Bruxelles si trovavano due delle tre principali istituzioni dell’Unione Europea: la Commissione Europea e il consiglio dell’Unione Europea; la città ospitava però anche gli uffici della Presidenza europea, le commissioni del Parlamento europeo, il Comitato delle Regioni, la sede politica della NATO, e dell’unione dell’Europa occidentale. Per questa serie di motivi, era appunto considerata spesso capitale dell’Unione Europea. In città si parlavano principalmente il francese e l’olandese e ciò si mostrava fin dall’inizio un problema per i ragazzi, che non sapevano parlare nessuna delle due.
La stazione era modernissima e illuminata; aveva fatto buio da poco e c’era un gradevole fresco. Francesco aveva avvertito il cugino che li aspettava con lo zio. Presentò i parenti ad Andrea e Luca: Enrico aveva 16 anni e suo padre Alberto lavorava nella Commissione Europea come veterinario. Arrivati a casa, Andrea, Luca e Francesco poterono mangiare decentemente, dopo giorni e giorni di fast food. Qui i tre raccontarono delle loro giornate trascorse in Germania, di Peter e Otto, e di tutti i monumenti, locali, persone che avevano visto. Ne approfittarono pure per conoscere l’altro cugino di Francesco, Stefano e la zia, Costanza. La famiglia si era trasferita da circa 10 anni in Belgio, dopo aver vissuto a Sassari per tutta l’infanzia di Enrico.
Verso le undici Andrea, Luca e Francesco andarono a dormire: Andrea e Francesco si addormentarono quasi subito, mentre Luca immaginò le giornate che avrebbe trascorso nella capitale europea.
Il giorno seguente, si svegliarono verso le otto e, dopo aver fatto una sostanziosa colazione, andarono a fare una passeggiata mattutina con Enrico e Stefano. La giornata era nuvolosa e piuttosto umida ma comunque non si stava male. Entrarono in un parco ricco di verde e incredibilmente grande: notarono subito la ricca flora e i numerosi animali che in Sardegna non potevano ammirare. Durante la passeggiata, Francesco chiese se ci fosse qualche novità dall’ultima volta che si erano visti, a Pasqua. Il cugino ultimamente aveva notato solamente che il padre era sempre più indaffarato nel lavoro. Aveva infatti un ruolo molto importante all’interno della Commissione Europea, visto che si occupava del problema dell’aviaria: era spesso in viaggio e passava poco tempo a casa; fortunatamente in questa settimana si trovava a Bruxelles perché doveva tenere alcune conferenze lì. Mentre parlavano, Luca e Andrea notarono le numerose persone che passavano in bicicletta. Si fermarono per mezz’oretta in riva ad un laghetto che si trovava lì vicino; continuarono a chiacchierare e Andrea e Luca ne approfittarono per fare qualche domanda ad Enrico su come funzionasse la scuola in Belgio e su come si sentisse nell’abitare in una città in cui non si parlava l’italiano. Enrico rispose che col tempo almeno il francese l’aveva imparato con pochi problemi, mentre in olandese non conosceva quasi niente; con l’arrivo dell’Euro però la situazione si era abbastanza facilitata e quindi il problema della moneta era quasi inesistente. Passarono il resto della mattinata in giro per la zona in cui si trovava la casa di Enrico, in modo da poter pranzare presto per poi uscire di pomeriggio e farsi un giro della città. Pranzarono a casa tutti assieme, poi Alberto, che doveva prendere la macchina per andare a lavoro, ne approfittò per dare un passaggio ai ragazzi verso il centro.
Li lasciò vicino alla piazza centrale di Bruxelles, la Grand Place, considerata una delle piazze più belle del mondo. Fecero alcune foto e girarono un po’ per i negozi di souvenir lì vicino, poi decisero di visitare due degli edifici imponenti che circondavano la piazza: l'Hotel de Ville e La Maison du Roi. Al vertice della torre dell’ Hotel de Ville si trovava una statua di San Michele, il santo patrono della città combattendo contro un drago. La Maison du Roi (Casa del Re) aveva come nome originale Broodhuis, ovvero Casa del Pane, perché originariamente era nato come un edificio di legno in cui si vendeva il pane fino al XV secolo in cui divenne un edificio di pietra destinato ai servizi amministrativi del duca del Barbante. A dir la verità, tutti gli edifici della piazza erano originariamente costruiti in legno finché un bombardamento del 1695 distrusse tutto, fatta eccezione per la Torre dell' Hotel de Ville e qualche altra parete resistente; poi vennero tutti ricostruiti in pietra dalle varie corporazioni. Dopo aver visitato tutti gli edifici attorno alla piazza, si fermarono in un bar lì vicino dove si riposarono per un po’ prima di continuare il giro. Si diressero alla cattedrale Saint-Michel-et-Gudule, che si trovava al centro della città; di stile gotico, la cattedrale si presentava imponente e lasciò Francesco, Luca e Andrea a bocca aperta, anche se pure Enrico si lasciò coinvolgere dallo stupore, nonostante l’avesse già visitata parecchie volte.
Tornarono a casa per cena con la metropolitana e Francesco passò la sera chiacchierando con i parenti, mentre Andrea e Luca giocarono e chiacchierarono in camera. Si misero anche d’accordo per il giorno dopo: di mattina sarebbero andati a vedere l’Atomium, mentre dopo pranzo Alberto li avrebbe portati ad una conferenza sull’Unione Europea.
La mattina, come prestabilito, verso le 10:30 andarono a far visita all’Atomium. Era un edificio di enormi dimensioni a forma di atomo, che stava in mezzo al Parco Heysel. Era possibile spostarsi all’interno dell’atomo tramite un ascensore al centro e con delle scale mobili che collegavano una sfera e l’altra. In ogni sfera erano presenti dei “mini-musei” dedicati a svariati argomenti (storia, scienza, ma anche argomenti di svago come fumetti e cartoni animati, in modo che attirassero ogni tipo di turista). Passarono tutta la mattinata in giro per una sfera all’altra e poi si fermarono per pranzo al ristorante che c’era alla base dell’edificio. Quindi si riposarono un pochino nella zona per poi raggiungere Alberto al Palazzo Heysel.
Il palazzo si ergeva sempre nelle vicinanze del parco omonimo, di fronte ad un grande giardino ricolmo di verde, con fontane e laghi all’entrata. Incontrarono lì vicino Alberto, che li condusse all’interno e che, dopo aver preso l’ascensore e superato lunghissimi corridoi assai lussuosi, li fece accomodare nella sala dove si teneva la conferenza. I ragazzi si sedettero nelle ultime file, dove stavano seduti anche altri giovani di età diverse, e notarono che in pochi minuti la sala si riempiva sempre di più: doveva essere sicuramente una conferenza importante, anche se non sapevano bene di che cosa trattava. Alla cattedra in fondo alla stanza erano seduti diversi personaggi importanti, tra cui Kiprianou, un importante membro della Commissione Europea che si occupava principalmente del problema attuale dell’aviaria (infatti era anche il capo di Alberto). Ai due limiti della cattedra stavano alcune guardie che avevano il compito di difendere i personaggi importanti lì seduti: ai due lati della sala invece stavano alcuni cameraman. Notarono anche che Alberto non era seduto al tavolo, ma era comunque presente nelle prime file e chiacchierava amichevolmente con altri membri della Commissione Europea. Dopo una mezz’oretta, Kiprianou prese la parola e l’aula fu invasa dal silenzio.
“Oggi ci ritroviamo qui riuniti per diversi motivi: discuteremo di quanto riguarda il problema del virus dell’aviaria e degli Stati candidati ad entrare nell’Unione Europea. Più tardi avrei però intenzione di interpellare alcuni degli ospiti che oggi sono qui con noi per discutere di un argomento ben preciso. Ma prima dedichiamoci ai problemi da risolvere, poi penseremo al resto. Cedo la parola al mio collega che parlerà del problema dell’aviaria e più avanti degli Stati candidati ad entrare nell’EU.”
Un uomo affianco a lui iniziò a parlare con una parlantina abbastanza monotona e pesante, tanto che i ragazzi in ultima fila non riuscirono a seguire bene tutto il discorso, che già da se era abbastanza complicato. Passarono alcune ore e entrambi gli argomenti furono consumati in ogni loro parte e a questo punto Kiprianou riprese la parola:
“Mi sembra che la conferenza si sia svolta abbastanza bene, perciò ringrazio tutto il pubblico e coloro che hanno preso parte alla conferenza. Vi prego però di aspettare ancora qualche minuto perché avrei qualcosa d’importante da dire: ho notato dei ragazzi lì in fondo che hanno seguito tutta la conferenza e mi sono stupito. E’ strano vedere che dei giovani partecipino a una conferenza di questo calibro, soprattutto nella società d’oggi: molti di loro non sanno nemmeno cosa vuol dire fare parte dell’EU e quali benefici esso porti, anche se comporta pure molti sacrifici da parte di tutti, soprattutto dei meno fortunati. Il fatto che anni fa i primi Stati dell’EU si siano riuniti per dare origine a quest’Unione ancora funzionante, è semplicemente straordinario: ci sono paesi in tutto il mondo che non hanno la possibilità di riunirsi, perché mancano di risorse e di ricchezza ma soprattutto di spirito di comunità. Proprio come noi, in Asia e in Africa ogni paese presenta di costumi, cultura e religione diverse, eppure questi Paesi non riescono a creare un Unione funzionante e che abbia il compito di mettere allo stesso livello d’importanza tutti i Paesi in modo che nessuno di essi prenda sopravvento sugli altri. Ma perché noi ci siamo riusciti? Noi, o meglio i nostri “antenati”, hanno commesso degli errori in passato combattendo fra di loro, causando guerre, attentati e migliaia e migliaia di morti di persone innocenti. E forse è proprio per questo che oggi noi ci ritroviamo qui: la nostra storia ci ha portato fin qui, ci ha fatto combattere, ci ha fatto odiare, ci ha portato delusioni ma anche la speranza: la speranza di creare un mondo unito e senza guerre, dove siamo tutti uguali. Forse quest’Unione Europea è solamente l’inizio di quella che potrebbe essere in futuro un Unione mondiale, senza razzismo, senza persone o popoli più importanti, senza schiavitù, senza bambini morti di fame, senza guerre culturali o religiose. Forse è solo un’utopia, ma è soprattutto il sogno di molti: chi non vorrebbe un mondo in cui le persone non soffrono? E tutto questo sarà possibile se i giovani, i nostri giovani, capiranno cosa è veramente importante nella vita della comunità. I giovani sono il nostro futuro: noi stiamo semplicemente “prendendo in prestito” la loro terra, quella che loro prenderanno in prestito dai loro figli che poi passerà ancora ai loro figli. E quindi il nostro compito quello di migliorare la nostra terra, che poi miglioreranno i nostri figli per i loro figli. Ora, se non è di loro disturbo o imbarazzo, vorrei invitare quei ragazzi a dire cosa ne pensano di quest’Unione Europea che abbiamo creato per loro e per i loro futuri figli.”
Francesco, Luca e Andrea non riuscivano a credere a ciò che stava succedendo: non avrebbero mai immaginato di poter prendere parte ad una conferenza di questo genere e sicuramente non avrebbero potuto sprecare così l’occasione. Tutta l’Europa avrebbe saputo il loro parere della situazione, di cosa ne pensavano e se si sentivano parte dell’Unione Europea. Si avvicinarono alla cattedra abbastanza velocemente e, dopo che gli altri pochi ragazzi presenti espressero il loro parere, presero il microfono. Un fischio iniziale del microfono contribuì nell’aumentare l’imbarazzo e l’emozione di quel momento. Il primo a parlare fu Andrea:”Ehm… Buonasera a tutti… Ecco… Cosa ne penso io dell’Unione Europea? Come è stato detto, è sicuramente l’intento di migliorare il nostro mondo, almeno in piccola parte. Dal punto di vista storico, è solamente un piccolo passo della storia dell’umanità; ma, vedendolo dalla situazione in cui ci troviamo adesso, è sicuramente un grande passo avanti che poi porterà in futuro conseguenze ancora più positive per tutti. Certo, richiede dei sacrifici da parte di tutti e faccio l’esempio dell’Italia: per il nostro Paese è certo sicuramente molto conveniente, ma l’utilizzo della nuova moneta europea ha portato ad una maggiore povertà per quelli già poco fortunati, anche se, con qualche altro sacrificio, la situazione potrebbe rimettersi in piedi e migliorare ancora di più.”
Continuò il discorso Luca: “Ma come possiamo risolvere i nostri problemi? E’ una domanda che si fanno in molti, ma in pochi sanno la vera risposta. La chiave di tutto consiste nell’aiuto reciproco fra uno stato e gli altri, nella solidarietà e nell’uguaglianza. Non ci saranno guerre all’interno della nostra Unione se uno Stato non tende a essere un gradino più in alto rispetto ad altri, non ci saranno problemi se ogni Stato contribuisce nell’aiutare quello più in difficoltà! Non ci sarà alcun tipo di razzismo, se viene messo da parte tutto ciò che è successo in passato e soprattutto se la gente smetterà di basarsi sui pregiudizi!”.
Concluse il discorso Francesco:“Per migliorare e far crescere ancora di più la nostra Unione Europea, non basta che l’economia, gli scambi e la legge funzionino in ogni stato. E non basta un rapporto di rispetto reciproco fra uno stato e l’altro: serve un saldo rapporto d’amicizia, in modo che in futuro non ci siano lotte di ogni tipo fra i vari stati. Vorrei prendere come esempio il viaggio che abbiamo compiuto noi: proveniamo dall’Italia e, prima di venire qui in Belgio, abbiamo fatto delle soste in alcune città della Germania. A Monaco abbiamo incontrato due ragazzi speciali con cui abbiamo legato moltissimo: forse erano diversi da noi per la storia, la cultura, la moda, la lingua: ma tutti quanti facciamo parte della stessa Unione Europea, della stessa terra e dello stesso cielo che abbiamo ereditato dai nostri padri. Tutto il mondo, e non solo l’Europa, girerebbe meglio, se venisse preso in considerazione ciò in cui siamo simili, invece di ciò in cui siamo diversi e fare di questa diversità un semplice oggetto di confronto, non di lite o guerra. Comunque, con questi due ragazzi, alla fine abbiamo affrontato tutto il viaggio in Germania e ci siamo aiutati a vicenda nei momenti di difficoltà, facendo rinunce e sacrifici per il bene comune. Abbiamo passato una notte in macchina loro, nonostante ci fosse a due passi un albergo che ci aspettava; ci hanno accompagnato in macchina da Monaco a Dresda quando abbiamo perso il treno, e poi ci hanno seguito anche più avanti a Berlino e a Brema. Questo è il rapporto che dovrebbe esserci fra ogni Stato europeo”.
Un applauso infinito invase la sala e i tre ragazzi erano parecchio imbarazzati, mentre Kiprianou si congratulava con loro. Dopo qualche minuto, uscirono tutti dalla sala e Francesco, Luca e Andrea raggiunsero Alberto, che li riportò a casa. Durante la cena e prima di addormentarsi parlarono e riparlarono in continuazione della conferenza e di ciò che era successo. Si addormentarono tardi, nonostante il giorno dovessero prendere l’aereo all’aeroporto della città.
La mattina seguente, i tre ragazzi salutarono Alberto che doveva andare presto a lavoro e che quindi non poteva accompagnarli in aeroporto; dopo una mezz’oretta Costanza li accompagnò in macchina portandosi dietro anche Enrico e Stefano. All’aeroporto ci furono lunghi saluti, e Costanza, Enrico e Stefano raccomandarono Francesco di salutare tutti i familiari a Cagliari.
Dopo aver preso l’aereo, Francesco, Luca e Andrea ripensarono al viaggio che era ormai terminato, e pensarono che un’avventura simile non l’avrebbero mai dimenticata, soprattutto grazie ai loro amici tedeschi-europei, Peter e Otto.

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#2 Inviato 14 January 2007 - 21:02 PM

Per il momento ho letto il viaggio a Monaco...
Mi piace. La trama è scritta in modo semplice e allo stesso tempo è ben strutturata.
Il racconto è scorrevole e questo, oltre a facilitare la lettura, ti invoglia a proseguire
nella lettura per conoscere altri particolari del viaggio.
Ben fatto Tio ^^

PS. 3 ragazzi italiani che ripassano la lingua in albergo mi sa di fantascienza XD
(almeno mi sono immaginato io che proponevo una cosa del genere ai miei amici).

Progetto in corso:
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#3 Inviato 14 January 2007 - 21:43 PM

Si, infatti il racconto prima di essere consegnato, doveva leggere la prof e per allecchinare un po' abbiamo scritto 'sta scemenza XD

Cmq grazie, mi fa piacere che piaccia :P

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